giovedì 23 dicembre 2010

Le luci della vigilia [racconto]

Il vecchio si era appisolato, nell'atrio di ingresso. Gli capitava spesso di appisolarsi di pomeriggio, in particolare da quando aveva dovuto abbandonare la sua dimora per trasferirsi in quella casa di riposo.
Non era un gran che, ma era stata costruita sul cucuzzolo di una delle colline ad ovest della città, e dalla grande finestra della sala da pranzo si dominava tutta la vallata. Era una cosa che gli riempiva il cuore, tutto quel verde, tutto quel cielo azzurro, e le piccole -da quella distanza naturalmente- auto che correvano su e giù per le stradine color antracite che si snodavano tra gli alberi. Avrebbe voluto potersi buttare in tutta quella vita ancora una volta, ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Non aveva figli, e i parenti più stretti abitavano a chilometri e chilometri di distanza. Nessuno l'avrebbe portato fuori di li, però gli piaceva guardare il mondo da quella finestra.

Quello era il pomeriggio della vigilia di Natale, e le inservienti avevano insistito perchè si lasciasse vestire da Babbo Natale. L'atrio era tutto addobbato a festa, l'albero di Natale era grande, bello e pieno di luci scintillanti. Sotto c'erano i regali che i figli e i nipoti avevano portato ai loro nonni i giorni addietro, con la promessa che non sarebbero stati aperti prima della vigilia. L'aria puzzava come sempre di ammoniaca e di detergente, ma quel giorno si respirava un'atmosfera dolce e diversa. Alla fine, aveva ceduto.

Per tutto il pomeriggio aveva dato il benvenuto alle famiglie in visita ai loro cari, ridendo e giocando con i bimbi più piccoli. Non era la prima volta, ma gli sembrava sempre strano vedere questi vecchietti aprire i pacchi, agitati come se avessero ancora sei o sette anni. Era strano, tuttavia lo capiva benissimo.

Alle sei del pomeriggio l'ultima famiglia se ne era andata, portando con se la nonna per la cenone della vigilia e per il pranzo di Natale del giorno dopo. Chissà, forse avrebbero anche giocato a tombola.

Stremato dalla giornata, il vecchio si era infine addormentato sulla sua sedia, ancora vestito da babbo Natale. Si svegliò non molto dopo, potevano essere passate non più di un paio d'ore, ma sembrava fosse ormai notte. Le inservienti se ne erano andate tutte, ansiose di raggiungere le loro famiglie per la cena, e avevano spento i neon dell'atrio, che ora era illuminato solo dalla luce calda e intermittente che arrivava dagli addobbi.

Il tepore, gli infissi in legno, il buio la fuori, e la luce che gli ricordava quella delle candele, lo riportarono istantaneamente a una notte di tanti anni fa.

Era seduto di fronte ad una bellissima ragazza, stavano cenando. Strano, non ricordava neppure il titolo dell'ultimo libro che aveva letto, ma ricordava benissimo ogni dettaglio di lei. Forse perchè raramente gli era capitato di provare quello che provava per quella ragazza. Anzi, forse mai. Riusciva a ricordare il colore della sua pelle, come miele alla luce della candela sul tavolo, il profumo dei suoi capelli e quanto perfettamente le incorniciassero il viso, il modo in cui muoveva le labbra quando parlava, quando rideva, quando solo faceva le smorfie. Ricordava i suoi occhi, nei quali cercava sempre di non perdersi, senza riuscirci, e il suono della sua voce, l'unica cosa che riuscisse a lenire in qualche inspiagabile modo le sue ferite. Era innamorato della purezza, non riusciva a trovare una parola più adatta, del suo cuore, limpido e tagliente ma allo stesso tempo caldo e profondo e ricco di tutte quelle sfumature che lo trasformavano in un grande, bellissimo arazzo impetuoso e dolce.

Folle che tutte quelle sensazioni potessero passare da uno sguardo, un abbraccio, uno sfiorarsi di pelle. Ma il cuore del vecchio è sempre stato folle.

E ora guardava fuori dalla finestra, le luci della città nella valle brillavano. Chissà dov'è adesso, si chiedeva. Gli piaceva immaginarla accucciata in una grande calda poltrona, intenta a leggere un nuovo, bellissimo libro.