giovedì 23 dicembre 2010

Le luci della vigilia [racconto]

Il vecchio si era appisolato, nell'atrio di ingresso. Gli capitava spesso di appisolarsi di pomeriggio, in particolare da quando aveva dovuto abbandonare la sua dimora per trasferirsi in quella casa di riposo.
Non era un gran che, ma era stata costruita sul cucuzzolo di una delle colline ad ovest della città, e dalla grande finestra della sala da pranzo si dominava tutta la vallata. Era una cosa che gli riempiva il cuore, tutto quel verde, tutto quel cielo azzurro, e le piccole -da quella distanza naturalmente- auto che correvano su e giù per le stradine color antracite che si snodavano tra gli alberi. Avrebbe voluto potersi buttare in tutta quella vita ancora una volta, ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Non aveva figli, e i parenti più stretti abitavano a chilometri e chilometri di distanza. Nessuno l'avrebbe portato fuori di li, però gli piaceva guardare il mondo da quella finestra.

Quello era il pomeriggio della vigilia di Natale, e le inservienti avevano insistito perchè si lasciasse vestire da Babbo Natale. L'atrio era tutto addobbato a festa, l'albero di Natale era grande, bello e pieno di luci scintillanti. Sotto c'erano i regali che i figli e i nipoti avevano portato ai loro nonni i giorni addietro, con la promessa che non sarebbero stati aperti prima della vigilia. L'aria puzzava come sempre di ammoniaca e di detergente, ma quel giorno si respirava un'atmosfera dolce e diversa. Alla fine, aveva ceduto.

Per tutto il pomeriggio aveva dato il benvenuto alle famiglie in visita ai loro cari, ridendo e giocando con i bimbi più piccoli. Non era la prima volta, ma gli sembrava sempre strano vedere questi vecchietti aprire i pacchi, agitati come se avessero ancora sei o sette anni. Era strano, tuttavia lo capiva benissimo.

Alle sei del pomeriggio l'ultima famiglia se ne era andata, portando con se la nonna per la cenone della vigilia e per il pranzo di Natale del giorno dopo. Chissà, forse avrebbero anche giocato a tombola.

Stremato dalla giornata, il vecchio si era infine addormentato sulla sua sedia, ancora vestito da babbo Natale. Si svegliò non molto dopo, potevano essere passate non più di un paio d'ore, ma sembrava fosse ormai notte. Le inservienti se ne erano andate tutte, ansiose di raggiungere le loro famiglie per la cena, e avevano spento i neon dell'atrio, che ora era illuminato solo dalla luce calda e intermittente che arrivava dagli addobbi.

Il tepore, gli infissi in legno, il buio la fuori, e la luce che gli ricordava quella delle candele, lo riportarono istantaneamente a una notte di tanti anni fa.

Era seduto di fronte ad una bellissima ragazza, stavano cenando. Strano, non ricordava neppure il titolo dell'ultimo libro che aveva letto, ma ricordava benissimo ogni dettaglio di lei. Forse perchè raramente gli era capitato di provare quello che provava per quella ragazza. Anzi, forse mai. Riusciva a ricordare il colore della sua pelle, come miele alla luce della candela sul tavolo, il profumo dei suoi capelli e quanto perfettamente le incorniciassero il viso, il modo in cui muoveva le labbra quando parlava, quando rideva, quando solo faceva le smorfie. Ricordava i suoi occhi, nei quali cercava sempre di non perdersi, senza riuscirci, e il suono della sua voce, l'unica cosa che riuscisse a lenire in qualche inspiagabile modo le sue ferite. Era innamorato della purezza, non riusciva a trovare una parola più adatta, del suo cuore, limpido e tagliente ma allo stesso tempo caldo e profondo e ricco di tutte quelle sfumature che lo trasformavano in un grande, bellissimo arazzo impetuoso e dolce.

Folle che tutte quelle sensazioni potessero passare da uno sguardo, un abbraccio, uno sfiorarsi di pelle. Ma il cuore del vecchio è sempre stato folle.

E ora guardava fuori dalla finestra, le luci della città nella valle brillavano. Chissà dov'è adesso, si chiedeva. Gli piaceva immaginarla accucciata in una grande calda poltrona, intenta a leggere un nuovo, bellissimo libro.

lunedì 22 novembre 2010

Confessioni di un improbabile agente immobiliare

Già. Agente immobiliare. Per essere precisi, mediatore per il settore immobiliare. E' la mia attuale qualifica, e anche solo il suono è agghiacciante, figuratevi farlo (beh, per me ovviamente), ma fa lo stesso.
In realtà, anche se già da quasi un anno lavoro nel settore, potrò fregiarmi del titolo summenzionato solo se a marzo passerò l'esame. Eh si, perchè al corso di 100 ore iniziato a settembre e finito l'altro giorno serve un gran finale!
Vi riuscirà forse difficile da credere, ma l'idea di fare quel corso non mi allettava poi così tanto... tuttavia "s'aveva da fare", e quindi ho cercato di prendere la cosa con leggerezza. Non alla leggera, con leggerezza.
E ho trovato perfino qualche motivo per ridere.

Beh, i mediatori immobiliari, quelli di razza, li riconosci subito. Spesso arrivano da corsi di formazione di alcune famose (o famigerate) reti di franchising. Ce n'erano due. Li chiamavo i "Man in gray"
Completo grigio, entrambi. Scarpe lucide nere, entrambi. Camicia chiara e cravatta a contrasto, entrambi. Orologio da billionaire sempre in bella mostra, entrambi. Simpatici come un aneurisma di sabato, entrambi.
2 o 3 volte per lezione, una importantissima telefonata di lavoro li costringeva ad uscire dall'aula. Rientravano sempre col sorriso di chi aveva concluso un affare milionario via Blackberry, di nuovo.
L'imprinting di scuola americana aveva instillato in loro l'amore viscerale per la loro rete, il bisogno fisico di partecipare ai meeting motivazionali, il rispetto reverenziale e malato nei confronti del loro Presidente, e il desiderio di vivere per i numeri, inumeri, i NUMERI!!!
Li guardavo e pensavo: dove ho messo il napalm?

C'era il Costruttore. Un amico mio paisà con la grossa fortuna di poter vivere di rendita o quasi, e di aver sposato la ragazza per la quale stravedevo alle medie. Un simpatico folletto quasi cinquantenne che vuole inventarsi una nuova professione.

Economicamente affine a questa figura, c'era il Milionario Modesto: un ragazzone alto come un palo dell'enel, simpatico e per nulla intenzionato a far capire che una delle sue preoccupazioni principali potrebbe essere quella di decidere come spendere i soldi. Ha deciso di spenderli facendo un corso per agenti immobiliari, il che mi dice che ha un gusto quantomeno originale in fatto di sputtanamento euro.

Poi c'era la coppia strana. Marito e moglie, inquietanti. Lei rumena, brutta come solo una rumena brutta può esserlo, 30 anni. Lui italiano, 45 circa. Gli rivolgevi la parola, gli facevi una domanda, li salutavi... reazioni al limite del percettibile. E se proprio dovevano parlare, sorridevano e dicevano "no". E si tenevano sempre per mano. Sempre. Credo che uno dei due fosse mancino, è l'unica spiegazione al fatto che riuscissero a tenersi per mano e prendere comunque appunti. In 100 ore, li avrò sentiti pronunciare 8/9 parole al massimo. L'aspetto positivo è che non disturbavano, certo no.

C'era la Vamp. Alta, fisico da modella, folta chioma bionda perfettamente acconciata (sempre in modo diverso), vestita con quelle cose che di solito vedo solo a Nonsolomoda. Nel giro di 2 lezioni era diventata la musa ispiratrice del Costruttore, di uno dei due Man in Gray, e del Milionario Modesto. Alla fine la Vamp si è dimostrata ampiamente più simpatica e alla mano di quanto si potesse mai immaginare. Ogni tanto le persone riservano piacevoli sorprese.

C'era la Brutta Addormentata. Ultimo banco a destra, schiena appoggiata al muro, gomito sul tavolo a reggere testa ciondolante, e il resto dei suoi 110kg adagiato sulla sedia. Ha dormito per 2 mesi. Però mi ha confessato che il suo sogno è quello di aprire una piccola rete di agenzie a suo nome. Forse intendeva il sogno ricorrente nei 2 mesi di pennichella serale.

C'era la prof. di South Park. Voce soporifera, stazza da cantante lirica tedesca... la sua particolarità era che sembrava davvero un personaggio di South Park. So che non riuscirò a descrivere correttamente questa strana sensazione ma... era come se fosse la proiezione tridimensionale di uno di quei personaggi che sembrano fatti con ritagli di carta. Deve essere qualcosa che ha a che vedere con le sue proporzioni caricaturali, per come si vestiva, per le movenze. Fatto sta che quando entrava in aula, nella mia testa partiva la famosa sigla suonata dai Primus.

E poi c'ero io, improbabile agente ventottenne (eh si, mi han dato ventotto anni o ventinovenondipiù... si vede che i debiti fan bene alla pelle).
Io che rispondevo in modo strano alle domande dei prof.

Prof. "Signor Stefano, mi dica... il bollo da 14,62 € cos'è, un imposta, una tassa o un contributo?"
Stefano: "Un'imposta"
Prof: "Si, ma che tipo di imposta è?"
Stefano "Direi... Adesiva?"


Mentre rispondevo, le ho fatto così ;-)

domenica 14 novembre 2010

Un altro giorno, un altro amico, un'altra estate

Ieri ho visto un vecchio, seduto su una panchina. Aveva capelli grigi, finissimi, il naso grande. Teneva il cappello appoggiato sulle ginocchia, e guardava davanti a se, apparentemente nel vuoto, e i suoi occhi erano tristi. Mi sono fermato, fingendo di parlare al telefono, per poterlo osservare ancora un po'.
La mano sinistra tremava, la destra stringeva il bordo della panchina. Ho provato ad immaginarlo giovane, in una Mantova di 50 anni fa, mentre passeggiava sotto quegli stessi alberi con la donna che amava sotto braccio, e il figlio piccolo che correva davanti a loro inseguendo un pallone di cuoio scuro, e mi sono sentito stringere il cuore.

Ho ricacciato dentro le lacrime, messo via il telefono, e ringraziato il cielo di aver avuto indosso gli occhiali da sole, nonostante il cielo fosse grigio e livido. Come la pelle di quell'anziano signore.

"Se non giochiamo più, è l'inizio della vecchiaia, per noi.
Si comincia a guardare l'orologio,
aspettando che i giorni scorrano via in fretta
contando gli anni.
Una volta avevamo qualcosa di bello a cui aspirare
Un altro giorno, un altro amico, un'altra estate..."



martedì 9 novembre 2010

Work In Progess

Manca ancora parecchio.... (ad esempio, la camera da letto che ho al momento è gonfiabile), ma inizia a prendere forma.







Il portafoglio invece la forma la sta perdendo del tutto... :-S


domenica 26 settembre 2010

Una vaga sfumatura d'inverno

Tempo, tempo, guarda cosa sono diventato
mentre mi guardavo intorno
per vedere che possibilità avevo
ero così ostinato da non accontentarmi
ma guardati intorno, le foglie sono gialle
ed il cielo ha una vaga sfumatura d'inverno

Puoi sentire la banda dell'esercito della salvezza
sul lungofiume, potrebbe essere un percorso migliore
di quello che avevi pianificato
prendi la tua tazza di caffè
e guarda intorno, le foglie sono sono gialle ora
ed il cielo ha una vaga sfumatura d'inverno

Aggrappati alle tue speranze, amico mio
è una cosa facile da dire, ma se le tue speranze
svaniscono
semplicemente fai finta
di poterle mettere assieme ancora.
Guardati intorno, l'erba è alta
i campi sono maturi, è la primavera della mia vita

Ah, le stagioni cambiano lo scenario
tessendo il tempo come una carta da parati
non vuoi fermarti e ricordarti di me
quando hai un momento di tempo?
Buffo come la mia memoria mi abbandona mentre guardo manoscritti
di versi mai pubblicati
sorseggiando la mia vodka con un po' di lime.

Ma guardati intorno, le foglie sono gialle ora
ed il cielo ha una vaga sfumatura d'inverno
Guardati intorno, le foglie sono gialle adesso
c'è una macchia di neve per terra

Simon and Garfunkel - Hazy shade of winter



lunedì 6 settembre 2010

Non sono morto


sono solo... lontano, anche un po' da me stesso. Sto cercando i pezzettini di pane per terra, che mi guidino verso casa.

A presto
Pollicino

sabato 31 luglio 2010

Simulacri

La bottiglia è finita
era l'ultima
sapore acido nella bocca
la pioggia si abbatte violenta sui vetri, da ore ormai

la pistola è sul tavolo
uccidere... non è il termine giusto, non credo
eppure continuo a rimandare
perchè?

la fuori è pieno di simulacri
distinguerli... ormai è semplice
non mi servono neppure le prove,
anche se alla centrale dicono di si

mi basta eliminarne uno,
aveva ingannato anche me
le sue sembianze confondono
le sue parole corrompono

eppure non riesco ancora
a puntare
l'arma
al suo petto

apro la finestra
vento ghiacciato e fetido
acuminate gocce di pioggia
come spilli attraverso la pelle

indosso la giacca
prendo l'arma, carica
devo farlo
è così che deve essere

un simulacro
è un ammasso di ferraglia e tessuti molli
è un costrutto digitale e mentale
è un freddo incubo sotto mentite spoglie

esco dalla porta,
sapendo che questa volta la mano non tremerà
sapendo che ne arriveranno altri
ma a quel punto, saprò come fare





Deckard?

Colonna sonora pre (quasi?) vacanze






















venerdì 23 luglio 2010

Una serata estiva



Ho deciso, mi guardo Lo Squalo 2. Lo so, finirà tardi e domani mattina faticherò a svegliarmi, dovrò farmi doccia e barba in fretta e furia per arrivare in ufficio in orario (va beh, almeno all'interno del mio classico range di 5-10 minuti di ritardo cronico), ma chissenefrega.
D'estate mi piace stare sveglio fino a tardi, godermi quel poco di aria che entra dalla finestra che da sul giardino, e guardare b-movies bevendo birra o acqua tonica (questa sera acqua tonica), magari mangiando un gelato. Ecco cosa manca il gelato, vado a prenderlo nel freezer.
Finite (o quasi) le emergenze lavorative serali, quest'estate ho deciso che me la godrò così.

Nel frattempo cerco di non pensare a lei. Ma è fatica sprecata... sono mesi ormai che ci provo, in ogni modo, ed è come in quei sogni dove ti sembra di correre per chilometri e chilometri e poi ti accorgi che in realtà non ti sei mosso di un centimetro, o che sei tornato al punto di partenza.
Ma quando ci rivedremo sarò perfetto, un amico perfetto. Non intuirà nulla dei sogni che ancora faccio, della stupida gelosia che non riesco a frenare. Non guarderò le sue labbra pensando a quando le sfiorai con le mie rubandole un bacio, non mi vedrà accarezzare con lo sguardo il suo corpo, non tradirò le mie emozioni quando ci guarderemo di nuovo negli occhi.

Fa caldo, mi si sta sciogliendo il gelato, e in tv lo squalo sta mangiando umani a più non posso.



Bella l'estate.

giovedì 22 luglio 2010

Easy lover

Vorrei sfogarmi ma sono così stanco da non aver neppure la forza di ascoltare metal, stasera.
Quindi vado di Phil Collins e Philip Bailey degli Earth Wind and Fire.

Non voglio fare il vecchio nostalgico, ma di pop composto e suonato in questo modo oggigiorno se ne sente poco.
Rock morbido, ottantiano, impreziosito da una ritmica funkeggiante, e con un assolo che oltre ad esserci (meno male) non si limita a scimmiottare le linee vocali e finire con un vibrato. E poi, due cantanti niente male. Collins e Bailey, mica pizza e fichi.



Easy Lover

Easy lover
She'll get a hold on you believe it
Like no other
Before you know it you'll be on your knees
She's an easy lover
She'll take your heart but you won't feel it
She's like no other
And I'm just trying to make you see

She's the kind of girl you dream of
Dream of keeping hold of
You'd better forget it
You'll never get it
She will play around and leave you
Leave you and deceive you
Better forget it
Oh you'll regret it

No you'll never change her, so leave it, leave it
Get out quick cos seeing is believing
It's the only way
You'll ever know

Easy lover
She'll get a hold on you believe it
Like no other
Before you know it you'll be on your knees
She's an easy lover
She'll take your heart but you won't feel it
She's like no other
And I'm just trying to make you see

You're the one that wants to hold her
Hold her and control her
You'd better forget it
You'll never get it
For she'll say there's no other
Till she finds another
Better forget it
Oh you'll regret it

And don't try to change her, just leave it, leave it
You're not the only one, ooh seeing is believing
It's the only way
You'll ever know, oh

No don't try to change her, just leave it, leave it
You're not the only one, ooh seeing is believing
It's the only way
You'll ever know, oh

She's an easy lover (she's a easy lover)
She'll get a hold on you believe it (get a hold on you)
(She's) like no other
Before you know it you'll be on your knees (you'll be down on your knees)
She's an easy lover
She'll take your heart but you won't feel it (you won't feel it)
She's like no other
And I'm just trying to make you see (trying to make you see)

domenica 11 luglio 2010

Tra Levante e Ponente



Mi ero rotto le scatole. Volevo aria nuova, anche se per poco. E lo scorso sabato ho caricato la bici nel baule dell'auto, e sono partito per un weekend non programmato in Liguria. Pomeriggio a Porto Venere, una serata a La Spezia, la notte in auto leggendo un libro e dormendo fino alle 5, una escursione mattiniera per le strade della città e la zona del porto, poi un po' di spiaggia a Porto Lunae, in auto verso le cave di marmo di Carrara, e poi il ritorno.

























lunedì 21 giugno 2010

Strani incontri

Certo che di gente strana ne ho incontrata...

Il tecnico informatico
Vado ad un incontro nella sede di una grande società, per parlare con un responsabile informatico iperqualificato, specializzato in sistemi AS400. Mi preparo anche psicologicamente, sono in genere personaggi ostici e incazzosi se li contraddici.
Mi aspettavo un impeccabile man in black con occhiali da sole e 24ore, e mi trovo invece di fronte un tipetto mingherlino, sui 40 anni, con addosso una felpa dei Blind Guardian, ad occhio e croce del 97, interamente coperta di peli di gatto. Occhi a fessura abituati più alla luce del monitor che a quella solare, e dita veloci sulla tastiera. Tirava su col naso, mentre parlava, e mi guardava diffidente. Suppongo diffidasse di chiunque indossasse una camicia, per di più stirata (e senza peli di gatto).
Allora gli ho detto, indicando la sua felpa "Bello Imaginations from the other side, lo preferisco anche a Follow the blind!", e la sua faccia è diventata tutto un sorriso. Era felice, aveva trovato un amico. A volte basta poco.

La donna dalla vita difficile
"Sa, la mia è una vita difficile... mio marito mi ha lasciato, ora tra l'altro è in carcere, e mio figlio piccolo non parla"
"Vedrà signora, si sistemerà tutto..."
Mi da il suo numero di telefono, e poi mi guarda negli occhi "Lo sa che nel mio numero di telefono, c'è il numero del demonio? Crede che possa significare qualcosa?"
"Ehm...."

Tatuaggi fuori luogo
Ragazza in evidente sovrappeso. "Ho i documenti che mi ha chiesto"
Si gira per prenderli dalla borsetta appoggiata dietro alla sedia, e si piega. Enormi jeans a vita bassa, che scendono PERICOLOSAMENTE sotto la linea di sicurezza, mostrando un tatuaggio di proporzioni immani. Doveva essere un uccellino su un ramo credo, in origine. Poi la signorina aveva messo su quei 30/40 kg, e adesso sembrava una bestia presa da qualche incubo di Lovecraft.
Che dire, sexy. Brrr...

Il collega
Un ragazzo pallido, un po' gobbo, inespressivo, con tisti occhi azzurri. Non l'ho mai visto sorridere.
"Ciao, sei nuovo di qui vero?"
"Si, ho iniziato da poco.... tu invece è molto che lavori qui?"
"Si un po'... senti, io te lo dico, poi vedi tu. Io e la mia compagnia al venerdì sera ci troviamo sulla strada che va a xxx, se vuoi venire anche tu..."
"Sulla strada che va a xxx? Ma non ci sono locali li, è una strada di campagna, senza luci tra l'altro..."
"No beh ma noi ci sediamo sui guardrail a parlare di vita e di morte."
"Ah."

Feticismi?
Entra una ragazza con un bambino piccolo in braccio, e il suo ragazzo/marito. Si siedono di fronte a me, lui inizia a parlare e io lo ascolto.
Poi, senza avvertire, lei tira fuori dalla camicetta un seno. Rimane così 4/5 interminabili secondi, con un seno fuori, mentre io parlo di fondamenta e isolamento termico, fino a quando si decide ad avvicinare la bocca del pargolo e inizia ad allattarlo.
Credo di aver mantenuto il controllo, ok, ma io dico cacchio, avverti! "Scusate solo un secondo, devo allattare il bimbo". Poi ti giri un attimo, fai quello che devi fare, e quando ti giri di nuovo hai il bimbo al seno.
A parte che poi, pensandoci bene, devi proprio aspettare di entrare nel mio ufficio per allattare il pargolo? Potevi mica aspettare 10 minuti?! Non ti moriva di fame tra le braccia dai...
A meno che mi sia trovato di fronte ad un nuovo tipo di feticismo, "Allattamento a sorpresa". Se devo scegliere, preferisco ancora le manette.

Il traduttore
Due magrebini entrano in ufficio. Uno faceva il simpaticone affabile tutto sorrisi, parlava bene l'italiano. L'altro stava zitto, si intuiva che non capiva una cippa.
Per un secondo ho pensato che avesse la bocca piena di tritolo e volesse far saltare in aria il palazzo trattenendo uno starnuto, e infatti stavo anche per mettermi a ridere.
Si siedono, e il chiaccherone mi fa "Senti caro (caro stocazzo ho pensato, ma non gliel'ho detto), il mio amico qui non capisce tanto. E' un anno che è in Italia, ha permesso di soggiorno e contratto lavoro, ma non parla tanto bene quindi parlo io e faccio da traduco ok?"
"Ok bene, fa traduco. Fermami quando devi spiegare al tuo amico. Allora, se cercate un appartamento in quella zona vi dico che è tutto abbastanza caro..."
"Aspetta: Ahlm lham hlalh khmer in cla szona la l'è tut car ahlam hick shalom".

Non so come ho fatto a trattenermi dal ridere... traduceva quello che gli dicevo un po' in arabo, e un po' in dialetto mantovano!! Roba che se la sente Borghezio gli viene un infarto, forse due haha...



domenica 30 maggio 2010

Maggio 2010

Sono a pochi passi dalle rotaie... è notte fonda, ma la luce azzurrognola della luna, appena filtrata dalle nuvole, illumina la campagna attorno a me, scintillando sui binari e sulle assi di legno catramate. L'aria è piacevolmente fresca.
Nel silenzio il profumo dei tigli sembra più forte che di giorno, e si mescola a quello della terra umida, di piccoli fiori bianchi di cui ignoro il nome e dell'acqua che scorre nel fosso poco distante.
Mi godo questa solitudine come da tempo non mi capitava di fare, e mentre aspetto penso. Penso al mio futuro incerto, alle strade che ho abbandonato e sulle quali probabilmente non tornerò più a camminare, ma che mi mancano.
Penso a quell'anziano incontrato per puro caso, che ha voluto raccontarmi la storia della sua vita, e che quando gli ho stretto la mano prima di congedarmi, si è aggrappato alla mia guardandomi fisso negli occhi, come se cercasse di afferrare quella giovinezza che gli era scivolata via anni fa, poco a poco, senza che se ne accorgesse.
Penso alla madre che si è sfogata con me, per la perdita di suo figlio. Aveva la mia età, era da poco diventato padre. Tratteneva a stento le lacrime mentre mi versava il caffè nella tazzina.
Penso ai miei amici, anche loro incasinati come e forse più di me, e ai loro progetti folli.
Penso alla mia vita, ai sogni nel cassetto che devono essere finiti in fondo, dopo i boxer e le magliette.
Le rotaie iniziano a sibilare, prima impercettibilmente poi sempre più forte. Il treno è un lungo merci marrone, e sfila col suo passo pesante e ritmico a meno di due metri da me. Sento lo spostamento d'aria che odora di cherosene, ferro e lubrificante.
E' l'odore delle mie prime avventure nelle campagne attorno a casa mia, quando mi intrufolavo in vecchi depositi per trattori o salivo su vagoni abbandonati sui binari morti. Sorrido: sono sempre stato un orso solitario, anche allora.
Passa anche l'ultimo vagone. Mi inerpico sulla massicciata e mi siedo tra le rotaie, guardando le luci rosse allontanarsi verso l'orizzonte che inizia a tingersi di mattino. Con la mano sfioro uno dei binari, è rovente.
Sopra di me, assieme al cinguettio degli uccelli più mattinieri, sento un rombo sordo e familiare. Un grosso aereo di linea vola verso sud. Lo seguo con lo sguardo, chissà dove è diretto.

sabato 15 maggio 2010

Conversazioni di lavoro, chapter 2

Oggi giornata pessima. Ma cerco di riderci su, anche perchè l'alternativa è mandare personalmente a fanculo ogni singolo essere umano di questo pianeta, e sinceramente stasera non ho tempo.

Personaggi:
Io,
Appariscente quarantacinquenne che sembrava appena venuta fuori da "sex and the city" o una boiata simile

Lei: Vede, non mi capisce. La casa è splendida lo so, ma per me la questione della cucina è fondamentale.
Io: Si comprendo signora, però purtroppo l'architetto...
Lei: Senta, me ne intendo di design, vedo che l'architetto ha fatto un ottimo lavoro, ma la cucina così com'è non va bene, è troppo, troppo piccola. Ma lo sa che tavolo ho io?
Io: (con sorriso moderatamente sfanculatore): Spero non troppo grande, altrimenti dovranno scoperchiare la casa e calarlo dall'alto
Lei: Guardi, a questo punto conviene che mi faccia parlare direttamente con l'architetto. Voglio dire, lo capisco che per lui questo muro è importante, ma per me rappresenta un problema!
Io: Ehm, signora, temo abbia frainteso... non ho detto che quel muro è importante, ho detto che è portante!
Sempre io: (ridendo dentro, tanto) Nel senso che se lo togliamo, temo che avremo qualche seria difficoltà col secondo piano.

E stavo per aggiungere, "sempre che lei non voglia dare alla casa un tocco 'a la Baghdad, si intende".

mercoledì 12 maggio 2010

Did you know?

Un video interessante e ben realizzato. La colonna sonora di Fatboy Slim (Right here, right now) calza a pennello.




Arrivederci.

mercoledì 5 maggio 2010

L'alba

Una serata passata sulla spiaggia, c'era una festa, c'erano fiaccole e gente che rideva. Il ricordo sta già sbiadendo, e sono passate solo poche ore.
La camera squallida di un vecchio hotel, la luce giallognola dell'abat-jour, il letto ancora sfatto dal pomeriggio. Non ricordo neanche più il suo nome, ma che importa, forse neppure me l'aveva detto. Sono seduto davanti ad un vecchio scrittoio, residui di sabbia ancora tra le dita dei piedi, indeciso se farlo di nuovo, o meno.
Ma in realtà la decisione l'avevo già presa quando sono montato in auto per venire fino a qui, anche se ancora non sapevo dove sarebbe esattamente stato, il qui. Sapevo solo che volevo il mare.
Vado alla finestra, e la apro. Da qui si sentono le onde, ho scelto questa topaia proprio per questo motivo. Le dita tremano attorno al tappo nero, il solito miscuglio di terrore ed eccitazione, sono secondi che sembrano durare secoli, ma in realtà è questione di pochi minuti. Il liquido scende giù per la gola, brucia, e contemporaneamente lo sento insinuarsi nel mio cervello, stringendolo prima come una morsa, e facendolo poi esplodere in mille scintille luminose. Ogni volta il cortocircuito è più forte, un giorno mi sarà fatale lo so, ma non mi importa più nulla da mesi ormai.
Riesco a fatica a raggiungere il letto, mi corico sulle lenzuola ancora madide del sudore del pomeriggio, e nel momento esatto in cui la testa sfiora il cuscino vengo investito da un turbine di sabbia digitale, grigia e finissima, interferenze elettrostatiche invadono il mio campo visivo, e il mondo attorno a me si squarcia. Nuvole color piombo scorrono velocissime sopra di me, mentre a piedi nudi sulla spiaggia mi avvicino al molo. Le onde si infrangono rabbiose sulle assi di legno nero, e il vento denso di sabbia mi rende difficile respirare, come se stessi avendo una terribile crisi d'asma.
C'è un vecchio aborigeno, in piedi, in fondo al pontile. Indossa un frac elegante, di una o due taglie più grandi della sua, e tiene in mano dei fogli, all'altezza del petto. Mi sorride, e quando mi avvicino inizia a far scorrere questi fogli, uno dopo l'altro.
"Perchè sei qui?" recita il primo foglio. Provo a rispondere, ma la mia voce viene igoiata dal frastuono del vento e delle onde. Il secondo foglio dice "Tempo". Il vecchio mi sorride, ma è un sorriso triste, malinconico. Negli altri fogli vedo un funerale, io che piango, ho i capelli grigi. E capisco, mentre una fitta di dolore mi attraversa il costato. Vedo una vecchia casa, abbandonata. Il prato dove da piccolo giocavo con i mei fratelli invaso da erbacce e vecchi pneumatici bruciati. Il dolore al costato si fa ancora più forte, insopportabile. Poi vedo una foto di mia nonna, che mi tiene in braccio orgogliosa. Avrò avuto 2 anni. Non ce la faccio, cado sulle mie ginocchia, e mentre le mie unghie si aggrappano alle assi fradice inizio a piangere. Sento la mano del vecchio sulla spalla, è un tocco lieve e allo stesso tempo tremendamente forte. Sull'ultimo foglio c'è scritto Ama. "E' l'unica cosa che conta veramente", mi dice, prima di andarsene.

Mi sveglio, ancora tremante... le lacrime hanno il sapore salato del mare. Scendo le scale, è l'alba. Uno degli inservienti dell'hotel mi saluta, mentre esco a guardare il sole. E' ora di tornare a casa.

giovedì 29 aprile 2010

Conversazioni di lavoro

Protagonisti:
Donna grassa, dal profilo ricordante pericolosamente la curvatura terrestre
Io

D: ...E sicchè, questo è l'appartamento. (Anf*) Che dice, non è poi così male no?
Io: No beh, le assicuro che ho visto di peggio
D: ...
Io: Lei intende quindi affittarlo, giusto?
D: Si, e con contratto questa volta! Ah, si, col contratto!! (Anf) Pensi che la signora che ci abitava prima, senza contratto, ci pagava tutti gli affitti. (Anf Anf!) Poi però, quando se ne è andata, la sorpresa!
Io: Che sorpresa signora?
D: Ci siamo trovati un fattura del gas da 700 euro, dico, si rende conto? (Anf Anf Anf!)
Io: Che gente...
D: E poi si è suicidata (Anf)
Io: Adesso capisco la fattura da 700 euro.
D: Ha detto mi scusi?
Io: No niente, bello comunque l'appartamento.

*sta ad indicare il furioso e continuo ansimare grasso della matrona

domenica 18 aprile 2010

Numb

Mi preoccupo, cerco di prendermi cura, sorrido, anche quando mi costa... ma non so quanto valga la pena. Non sempre.
A volte, sono stanco di dare.

Pink Floyd - Comfortably numb

Quando ero bambino
ho avuto una visione sfuggente
con la coda dell'occhio,
mi sono voltato per osservarla, ma non c’era più
Adesso non riesco ad indicarla con il dito,
il bambino è cresciuto,
il sogno è svanito
e… sono diventato
piacevolmente insensibile

giovedì 15 aprile 2010

La parola chiave è idiozia



Era un po' che non andavo a leggere le keyword con le quali il mio blog veniva disgraziatamente trovato in rete. Disgraziatamente perchè il profilo psicologico di alcuni visitatori, va dal ridicolo all'inquietante passando per tutte le sfumature intermedie. E ho lasciato fuori le più scabrose :-S














































































































applicazioni su strangolamento

Questo o è un agente segreto o un serial killer. O forse è solo sposato.

black berry e voglio una copia su outlook

Te lo ordino!!

bulldog francese nero cieco

E' una razza? Ne voglio uno.

com'è che si chiama quella canzone francese in quella pubblicità con quel profumo francese?

Ma si, quella dove suona coso assieme al cantante di quel gruppo che faceva cover dei cosi.

come fare le capriole

Ti serve un tutorial?

cordyceps da comprare

Non voglio sapere cosa ci fai.

cosa si studia con i gas tossico

Riuscirai a studiare molto poco secondo me.

creedence cliruoter revaival

Un vero anglofono

desidero vendere l'anima al diavolo com efaccio

Ah, la cara vecchia anima venduta all'angelo caduto. E' un must, non può mancare. Però questo tizio è curioso, vuole informazioni specifiche! Bravo, è questo lo spirito.

film tedesco corse e elaborazioni auto fine anni 80

Deve essere un capolavoro.

giochi di un cattivo dietro il cofano a la motosega

Anche aggiungendo una "h", la situazione non migliora di molto. Cosa volevi dire?

google nero gratis

Anche quello bianco è gratis.

il c***o brutto tutto

Quello brutto a metà non va bene, hai ragione. O tutto o niente.

il ghiaccio dell'iceberg è salato?

Prova a vedere sul prossimo numero di Focus. Sempre che non parlino di dinosauri.

immagi ovideo di come prendere le misure per cucire una tenda

... vabbè... non capisco come tu sia arrivato da me, ma amen...

insegnami a disegnare un cavallo

Una domanda come un'altra, da fare al proprio pc.

mal di testa woody allen

Per alcuni (nella mia esperienza, quasi tutte donne...curiosa sta cosa), il secondo elemento dell'equazione porta inesorabilmente al primo.

mi rapisci riscatto

Cosa stai progettando, di preciso?

mio padre è un testa di cazzo? yahoo

Non ho capito, sei contento?

mouse non funziona video nero che fare?

Accendi il pc

san valentino amore o'speculazione

Questo è partenopeo.

se si vende l'anima al diavolo che pena si riceve

Questo ha già fatto il passo successivo. Si domanda se gli daranno la condizionale.

stefano nudo

...

streaming film con steven segal

......

tuta origginale del celsi

Questo parla benissimo due lingue, ma non sono nè l'italiano nè l'inglese suppongo

vendere l'anima al diavolo marketing

E questo invece ha intenzione di aprire un franchising.


E ora che mi sono fatto una mezza risata, vado a letto. Intanto penso a come vendere l'anima al diavolo, che secondo me come idea...

domenica 4 aprile 2010

Amore e Psiche


Non so voi, ma a me i miti greci han sempre affascinato...
Uno degli ultimi progetti che ho seguito, per quello che ormai è il mio ex lavoro, è stato fortunatamente uno dei più interessanti.
Proprio grazie a questo progetto, ho conosciuto la storia di Amore e Psiche, illustrata da Giulio Romano sulla volta e sulle pareti dell'omonima stanza del Palazzo Te di Mantova.
I ventidue passi illustrati da Giulio Romano a Palazzo Te sono tratti dalle Metamorfosi di Apuleio, scrittore latino del II secolo d. C.






Ho riassunto qui la vicenda, ma se qualcuno volesse approfondire e gustarsi gli affreschi di questa stanza (splendida), questo è il link:

www.palazzote.it/amoreepsiche


Amore e Psiche
In una città lontana un re e una regina hanno tre figlie, tutte belle, ma una di esse, Psiche, sopravanza tanto le altre in bellezza, che le genti le tributano doni e sacrifici.
Venere, adirata, chiede al figlio Amore che la punisca colpendola con un dardo che la faccia innamorare dell’essere più abietto del creato.
Amore, mentre sta per armare l’arco infallibile, si punge con la sua stessa freccia, mentre guarda Psiche, della quale cade innamorato.
Le sorelle si maritano, ma Psiche non viene chiesta da nessuno. L’oracolo di Apollo, interpellato, rivela che Psiche sposerà un essere non umano, malvagio e temuto persino dagli dei.
La principessa, lasciata sola, su indicazione dell’oracolo, sulla cima di un monte, viene sollevata da Zefiro che la trasporta lontano.
Psiche, deposta tra l’erba e i fiori di una valle remota, si addormenta esausta.
Al suo risveglio si imbatte in un palazzo meraviglioso. Le si aprono le porte dinanzi ed esseri invisibili le offrono un banchetto.
Psiche accoglie le sorelle nel palazzo dove vive felice e dove ogni notte viene visitata da un amante tenero e misterioso, che non vuole essere visto da lei. Le sorelle, invidiose della sua ricchezza e della sua felicità, la inducono a credere che lo sposo sia un mostro, come annunciato dall’oracolo e le suggeriscono di svegliarsi la notte e di ucciderlo.
Psiche seguendo il consiglio delle sorelle vuole scoprire chi sia il suo amante e ucciderlo, ma ai suoi occhi si rivela il dio Amore in persona. Incantata per l’emozione fa cadere gocce d’olio rovente sul petto di Amore. Questi si sveglia urlando di dolore e fugge, allontanando da sé Psiche.
Venere, che ode le grida di Amore e si scopre tradita, chiama il figlio, lo rimprovera e lo minaccia.
Cerere e Giunone intercedono in favore di Amore.
Psiche, in fuga, chiede aiuto a Cerere, ma ne è respinta.
Ora la fanciulla disperata invoca inutilmente l’aiuto di Giunone.
Venere sale sull’Olimpo e chiede a Giove l’aiuto di Mercurio per ritrovare la fuggiasca.
Mercurio, come banditore degli dei, diffonde alle genti l’ordine di catturare Psiche.
Psiche è catturata da Abitudine, che la trascina per i capelli, mentre Inquietudine e Tristezza si accingono a torturarla per ordine di Venere.
Psiche è sottoposta a prove ardue o pericolose. La prima, che prevede la cernita delle sementi da un grande mucchio indistinto, viene superata grazie all’aiuto delle pietose formiche.
Psiche ha raggiunto un gregge di pecore dal vello d’oro, valicando monti e superando un fiume, personificato nell’affresco. Gli animali sono feroci, e Psiche disperata sta per gettarsi da una rupe, ma una canna palustre (personificata sulla destra) le suggerisce di attendere il momento in cui le pecore si ritirano in un boschetto discosto: potrà raccogliere, impigliati tra i rovi, i bioccoli d’oro pretesi da Venere
Nella terza prova, Psiche attinge l’acqua dalla sorgente del fiume infernale Stige, custodite da spaventosi draghi, e vi riesce solo perché Giove, che comincia a intenerirsi alle sue vicende, manda in soccorso la propria aquilaNella terza prova, Psiche attinge l’acqua dalla sorgente del fiume infernale Stige, custodite da spaventosi draghi, e vi riesce solo perché Giove, che comincia a intenerirsi alle sue vicende, manda in soccorso la propria aquila.
Quarta prova. Psiche raggiunge il regno degli inferi per giungere al cospetto della regina Proserpina e chiedere con umiltà un po’ della sua bellezza, da riporre in un vaso e portare a Venere. La regina degli inferi acconsente, stabilendo un solo divieto: Psiche non dovrà aprire quel vaso.
Psiche, riemersa alla luce del sole, non sa frenare la curiosità e apre il coperchio del vaso. Da questo esce un etereo veleno che la fa accasciare, moribonda. A quel punto Amore, guarito e vinto dalla nostalgia, accorre in tempo per risvegliare Psiche e ridonarle la salute con il tocco di una delle sue magiche frecce.
Nel riquadro al centro della volta assistiamo all’apoteosi di Amore e Psiche. Giove accoglie la principessa sull’Olimpo e, donatale l’immortalità, la unisce in matrimonio ad Amore.

Fin.

venerdì 19 marzo 2010

Sono giorni così

Sono stanco, dentro e fuori. Ma resisto. Beh più o meno.
Non è che resisto, è che crollo così lentamente che ho tempo per ricostruirmi. Come Steve Austin. Beh, lui lo ricostruivano, con qualche milione di dollari, ma ci siamo capiti.
Fa strano scriverlo, Steve Austin. Forse perchè a 6 anni l'avevo memorizzato come "Stivòstin", tutto d'un fiato.
La fuori il panorama umano è desolante, le eccezioni sono rare. Non è misantropia, è realismo.
Sono giorni in cui se potessi evitare ogni contatto, lo farei. Ma, a quanto pare, non posso.
Ieri il commercialista mi ha ucciso, ma non con un colpo secco. Rateizzato tra giugno e novembre.
Crepare poco a poco è più cinematografico, soprattutto se sei tra i buoni.
Sarà una agonia del tipo quella di Sean Connery ne "Gli Intoccabili". Spero di prendermi almeno qualche applauso, alla fine.
Quando faccio un bancomat, lo sportello automatico ormai sputa solo polvere secca e nichelini.
Non va bene, non va bene per niente. Sto per scalare l'Everest con una picozza-giocattolo.
Meno male che ci sono gli amici, quelli veri. Sono carburante per il mio cervello a secco, e per l'anima che ultimamente si è inaridita un po'.
Al di fuori di loro, il vuoto. E non mi pento di certi ponti tagliati. Mi dispiaccio, ma non mi pento.
Inutile preoccuparsi per i problemi di chi, in mesi, non mi ha neppure mai chiesto una volta "come stai?", quindi...
Meglio viaggiare leggeri.
Ho la testa tra le nuvole, dimentico le chiavi nell'auto parcheggiata
il portafoglio con la patente a casa,
oggi ho preso una strada contromano, fortunatamente non era la A4 del brennero
mi dimentico i cognomi,
non rispondo alle mail (a volte perchè mi dimentico, a volte perchè lo stronzo - ogni tanto - posso esserlo anche io)
inciampo e mi faccio male contro gli spigoli delle cose.
E poi lavorare tutti i giorni fino all'una di notte non è salutare
Uno si stressa
Tipo che la stampante laser, improvvisamente, mentre stai correndo per un'urgenza folle, decide di smettere di funzionare. Vomita brandelli di carta spiegazzata.
E allora tu la prendi, e la sbatti per terra, con brio. Il pavimento regge. Perchè sei stressato, e in mancanza di un sacco da kickbox ti sfoghi su quella piccola, inerme stampante del cazzo.

Ma va tutto bene. Va tutto bene vero dottore? Facciamo progressi, si! Si che le ho prese le medicine, dottore, si figuri, ma certo, grazie! Cos'ho in mano? E' un coltello dottore, l'ho preso in mensa. Lei è buono o cattivo, dottore? No, si figuri, ma certo, grazie! è solo per capire quanto tempo devo metterci...




sabato 13 marzo 2010

Perdonami






Brian Adams - Please forgive me
Still feels like our first night together
Feels like the first kiss
It's gettin' better baby
No one can better this
Still holdin' on, you're still the one
First time our eyes met - same feelin' I get
Only feels much stronger - wanna love ya longer
You still turn the fire on...
So if you're feelin' lonely don't - you're the only one I ever want
I only wanna make it good - so if I love ya a little more than I should

Please forgive me - I know not what I do
Please forgive me - I can't stop lovin' you
Don't deny me - this pain I'm going through
Please forgive me - if I need ya like I do
Please believe me - every word I say is true
Please forgive me - I can't stop lovin' you

Still feels like our best times are together
Feels like the first touch - still gettin' closer baby
Can't get close enough
Still holdin' on - still number one
I remember the smell of your skin - I remember everything
I remember all your moves - I remember you yeah
I remember the nights - ya know I still do
So if you're feelin' lonely don't - you're the only one I ever want
I only wanna make it good - so if I love ya a little more than I should

Please forgive me - I know not what I do
Please forgive me - I can't stop lovin' you
Don't deny me this pain I'm going through
Please forgive me - if I need ya like I do
Oh believe me - every word I say is true
Please forgive me - I can't stop lovin' you

One thing I'm sure of - is the way we make love
And one thing I depend on - is for us to stay strong
With every word and every breath I'm prayin'
That's why I'm sayin'

Please forgive me - I know not what I do
Please forgive me - I can't stop lovin' you
Don't deny me this pain I'm going through
Please forgive me - if I need ya like I do
Babe believe me - every word I say is true
Please forgive me - if I can't stop lovin' you
Never leave me - I don't know what I'd do
Please forgive me - I can't stop lovin' you
Can't stop lovin' you

giovedì 11 marzo 2010

Ironbound

Si sono formati nel 1980, sono di New York, hanno circa mezzo secolo a testa e suonano un thrash tecnico, orecchiabile e con venature dark.

Non hanno mai composto veri e propri capolavori, non avrebbero mai potuto scrivere Master of Puppets o Reign in blood o Rust in piece, ma hanno sempre tirato fuori album onesti e suonati col cuore... e anche l'ultimo, Ironbound, non fa eccezione.

Non so voi, ma io non riesco a non battere il piedino... ;-)



domenica 7 marzo 2010

Come far fare le capriole a F.L. Wright (nella tomba)

Chiamarla casa è un parolone, la cascata non c'è, ho preferito abbandonare alcune soluzioni "arditamente rustiche" Franklloydwrightiane per non far sembrare l'appartamento il rifugio di un boscaiolo... ma alla fine il progetto nella sua configurazione definitiva (spero) è nato.







Ho disegnato solo il salotto / cucina, la camera da letto dovrebbe essere meno problematica. Dovrebbe. Mah...

giovedì 25 febbraio 2010

Un uomo e il suo sogno

Volevo scrivere di un film che ho visto ormai secoli fa, e che disgraziatamente nessuna rete manda in onda credo da anni e anni. E' la fine che fanno molti film di qualità purtroppo, sostituiti incomprensibilmente (anzi, purtroppo non così incomprensibilmente ) da fiction, reality, film di Pieraccioni e quant'altro di peggio possibile.

Il film è "Tucker - The man and his dream", di Coppola, anno 1988.

Fine anni '40. Preston Thomas Tucker è un genio lucidamente visionario, fenomenale inventore dall'intuito sanguigno che, dopo anni dedicati alla ricerca sulle macchine da guerra, decide di fondare la Tucker Corporation: il suo sogno era quello di realizzare la più bella automobile mai costruita.

Coppola è un maestro, e in questo film riesce a catturare le atmosfere di quel periodo, e la passione di quell'uomo, in modo incredibilmente vivido.
Ma non è solo mestiere, e non è solo il bravo Jeff Bridges a rendere questo film un gran bel film, anche la storia appassiona (o almeno ha appassionato me).

Se devo essere sincero, ci sono parecchi punti di contatto con un altro meraviglioso film ambientato in quel periodo (più o meno), ovvero The Aviator di Scorsese, ma ciò non toglie nulla al film di Coppola.
Tralasciando fotografia, scenografia e costumi (fantastici sia in Tucker che nel film di Scorsese), in entrambi i film il protagonista è visionario e geniale, ha avuto (o ha) forti legami col mondo militare, ed insegue un sogno meccanico con tutte le sue forze, combattendo contro lobby politiche ed economiche.
Sono indubbiamente film che ricalcano il mito del sogno americano, ma mettendone in luce gli aspetti più amari e, se vogliamo, romantici.

Il trailer che ho trovato è veramente anni '80, vi assicuro che il film non lo è ;-)






domenica 21 febbraio 2010

Tutto quello che ho è questo pollo di gomma con una carrucola in mezzo

[... e non mene faccio un cazzo]. (Cit. Guybrush Threepwood)

Soggetti: Stefano, un architetto e un designer.

S: Bene ragazzi, questo è il test semidefinitivo del sito in e-commerce commissionato.
Rispetto alla versione iniziale, che a nostro parere era per certi versi più funzionale, abbiamo comunque raccolto le vostre impressioni e adattato di conseguenza grafica e sistema di navigazione. Siamo ormai alla quinta revisione, direi che dovremmo esserci.
A: Fantastico vediamo! (si avvicinano al monitor)
D: mmmm
A: (guarda il designer inarcando il sopracciglio, e poi torna a guardare il monitor) mmm, non so... c'è qualcosa che ancora non mi convince
S: Beh, ricalca praticamente in toto l'ultima grafica che ci avete passato. Abbiamo apportato solo alcune minime modifiche per agevolare l'usabilità del sito da parte degli utenti che...
D: Sisi Stefano, capisco, però per noi avere la scritta "Help" in alto è un problema (annuisce deciso).
S: ?!
A: Si, sbilancia tutto, vedi? E poi spaventa.
S: La scritta Help spaventa?
D: Si, abbiamo analizzato la questione nel nostro team, e secondo noi Help va tolto. E poi sposterei ancora un po' a sinistra il menù
S: A sinistra...
D: Si ma saranno al massimo 2, 3 pixel eh! Ci metti poco secondo me...
S: Beh non è che lo sposto un pixel alla volta...
(non hanno capito la battuta)
S: Tornando al pulsante, mi permetto di ribadire che in un sito dove, idealmente, qualcuno acquisterà i vostri prodotti, la presenza di un pulsante di "aiuto" è fondamentale, soprattutto vista la scarsa alfabetizzazione informatica dei navigatori italiani.
A: Sarei daccordo, ma vedi, abbiamo deciso di posizionarci su un target di riferimento culturalmente medio-alto, quindi il problema non si pone, vero D? E' poi una soluzione che piace a tutti i ragazzi allo studio, ci abbiamo pensato su parecchio.
S: Sul.. pulsante help?
D: Certo! Vedi, la cura dei dettagli per noi è fondamentale.
S: Siete veramente convinti che cultura e scaltrezza al pc siano concetti sovrapponibili?
(non mi fermo, tento l'affondo)

S: Perchè vedete, togliere il pulsante help, le indicazioni sulla garanzia e i resi, i metodi di pagamento accettati, spostare il catalogo IN FONDO alla pagina piuttosto che tenerlo in primo piano, sono tutte soluzioni che abbiamo implementato nel sito su vostra richiesta, ma vi confesso che raramente si è visto un sito di vendita online che somigli così poco ad un sito di vendita online.
(si guardano un attimo, poi D allarga le braccia come a dire "se siamo geniali e gli altri, tu compreso, non lo capiscono, cosa possiamo farci?")
S: Ok, per me no problem. Tanto poi non siete voi che lo pagate il sito no? Una volta che va bene al vostro finanziatore...
(silenzio imbarazzato)
S: Bene, comunque come vedete tutta la parte di gestione carrello e ordini, ovvero il cuore del sistema, è già funzionante, e quindi siamo pronti per la pubblicazione.
A: Si si. Ok. Però Stefano, un'altra cosa fondamentale
S: .... dimmi A
A: Il testo...
S: Cos'ha il testo?
A: E' troppo.... nero! Vero D?
D: Adesso che lo vedo bene... eh si, è parecchio nero. Non si può fare un bel grigio scuro scuro?
S: Ah, un quasi nero, ma non nerissimo. Una via di mezzo se ho capito bene? (forse iniziano a notare che sono un po' scocciato)
A: Si esatto. Sai, non vorremmo essere troppo aggressivi
S: No infatti, non sia mai. Facciamo un bel Trebuchet #111111 ed è morta li, che dite?
D: ??!
A: ?!?
S: Comunque guardavo i vostri prodotti, belli eh... veramente. E tutto in cartone vero?
(sorridono entrambi, e annuiscono soddisfatti)
S: Bello il tavolino soprattutto. Quasi quasi ne prendo uno da mettere in salotto
D: Fantastico saresti il nostro primo aquirente!
S. Già mi immagino: sabato sera, un dvd di Indiana Jones e una bella birra fresca sul tavolino
(continuano a sorridere, perchè non hanno capito dove sto andando a parare)
S: perchè è idrorepellente vero? O lavabile. Cioè, non si rovina se ci appoggio una lattina ghiacciata no? Bisognerebbe scriverlo però sulla scheda tecnica che è lavabile, altrimenti uno non lo compra. A cosa serve un tavolino se non ci puoi appoggiare nulla di anche vagamente umido?

(E ho visto il terrore nei loro occhi. Ma era un terrore curato veramente fin nei minimi dettagli, e con un target medio alto.)

p.s: la settimana successiva, hanno inserito a catalogo la versione con piano in plexiglass.

mercoledì 10 febbraio 2010

Ancora tempo...

Esterno, giorno. Una calda mattina di fine giugno. Un bambino di quasi sette anni con i capelli rossastri e le lentiggini, pantaloncini corti troppo larghi e una maglietta a righe, cammina sul ciglio di una strada sterrata, bianca e piena di sassi bianchi. Non era molto lontano da casa, ma abbastanza per sentire vibrare un piacevole, sottile senso di libertà. Stava diventando grande, i genitori non lo obbligavano più a restare nel giardino di casa.
Non aveva molti amici, si era trasferito li da poco, ma non ne sentiva la mancanza. Aveva con se la musica.
Era una ridicola ma meravigliosa radiocuffia, enorme per la testa del bambino, e che infatti continuava a scivolargli avanti e indietro. Era di uno strano colore viola scuro, metallizzato, e aveva una lunga antenna cromata. Cambiava stazione radio ad ogni passo, ma il ragazzino non se ne curava, era fantastica, uno dei più bei regali che il suo papà potesse fargli.
La sera prima era andato con i genitori e il fratellino piccolo, ancora nel passeggino, a una di quelle sagre di paese che adorava, e si era innamorato di questo strano oggetto visto per caso sul lenzuolo di un venditore ambulante, in mezzo a braccialetti e collane fosforescenti, e alle cassette di Viola Valentino e dei Pooh. Per molti forse era poca cosa, ma per lui era stato davvero un bellissimo regalo.
E' felice, con tutto quel cielo sopra di lui, e il sole che gli scalda la testa. La campagna attorno a lui è sconfinata, bruna di terra scura e brillante di verde.
C'è un piccolo fosso non molto distante dalla strada, l'acqua è trasparente e si vedono piccoli pesci scuri guizzare veloci tra le ombre verdastre. Il papà gli aveva detto che presto sarebbero andati a pescare assieme, e non vedeva l'ora.
Il bambino si corica sull'erba vicino al fosso, ascoltando la sua musica, e se ne sta li a guardare le lame di azzurro e giallo del sole attraverso i rami degli alberi. A casa lo aspettano i genitori e il fratellino piccolo, ma c'è ancora tempo, prima di pranzo. Ancora tempo.


C'è un qualcosa che non riesco a non trovare tragico nella perdita dell'innocenza, della purezza, dello "stupore" genuino di un bambino. Più tragico della morte, in un certo senso, e altrettanto inevitabile. Io ce la metto tutta, ma quel bambino mi manca.

domenica 24 gennaio 2010

Delirio sulle montagne rocciose - con Steven Seagal e Woody Allen

Il titolo non ha senso, ma d'altronde sono ancora in fase semi-delirante, non potete pretendere...!

Non ho mai sofferto d'ansia nel vero senso della parola. Gastriti nervose, mal di testa, insonnia... mai provato nulla del genere nemmeno in casi di stress fortissimo.
Fino a qualche settimana fa, suppongo. Agli inizi di gennaio ho cambiato lavoro, anche se ancora mi divido tra il vecchio e il nuovo per sistemare alcune "pendenze"... e sarà così per forse altri 2/3 mesi.
La consapevolezza di aver lasciato un lavoro che, tutto sommato, mi piaceva, unita al timore di essere la persona meno adatta a fare quello che sto facendo ora, assieme ad una fitta nuvola di pensieri che col lavoro non hanno nulla a che vedere, deve aver fatto scattare qualcosa.
Aver l'urto del vomito dopo aver fatto una semplice telefonata, non è normale... ma pazienza, passerà. Forse è ansia da prestazione come quella di alcuni attori di teatro, che vomitano prima di salire sul palco.

Negli ultimi due giorni i sintomi sembravano quasi essere scomparsi del tutto, con mio grande gaudio. Odio la sensazione pre-conato, anche quella post e pure quella durant. E non riesco a capire quei pazzi che per amor di linea mangiano e poi si ficcano 2 dita in gola per sboccare. Preferirei prendere 10 frustate, piuttosto!

Ma avevo cantato vittoria troppo presto: quello che non ha potuto l'ansia, l'ha portato a termine un virus.

Da un paio di giorni avevo un lieve mal di stomaco, dall'intensità semi-random, nulla di che. Quindi ieri sera, anche se non ero in formissima, sono ugualmente uscito con alcuni amici che non vedevo da tempo per due chiacchere e una pizza.
Già in auto mi ero accorto che qualcosa non andava, il mal di stomaco stava montando. Da stupido quale sono, nonostante le fitte, ho deciso di mangiare comunque la pizza.
Ieri sera dovevo essere veramente un dito al culo: non cagavo di striscio il logorroico alla mia destra e non capivo un cazzo di quello che dicevano i ragazzi alla mia sinistra, anche se sembrava essere interessante. Annuivo come i cagnolini col collo a molla che mettevano sulle cappelliere delle auto negli anni 60 (non ditemi che qualcuno li usa ancora).
La salvezza è arrivata dall'alto: il grosso tv lcd appeso sul muro alla mia destra dava 1997 Fuga da New York (viva, viva Carpenter) da poco iniziato, e io mi ci sono letteralmente perso dentro.
Usciamo, paghiamo il conto, sento i primi brividi febbrili, salgo in auto e metto su un cd a caso (davvero, non ricordo che cd ho "ascoltato", il che la dice lunga).

Arrivo a casa, mi guardo allo specchio (arghh), mi butto a letto con doppia coperta per soffocare i brividi. Poco prima di svenire, riesco a mandare un sms e poi crollo in un sonno malato pieno di figure strane e indefinite. Poi mi trovo in un limbo nero simile a quello descritto nel post precedente, ma non mi trovo di fronte alla cornice. Sono in un letto bianco, alla mia destra l'asta di una flebo. Alla mia sinistra deve esserci lei, ma non la vedo. Sento solo la sua mano sulla mia fronte, sensazione piacevole, subito interrotta dalla visione che mi si para davanti.
Un dottore, andato a ripescare nel mio archivio cinematografico mentale, mi guarda con un sorriso sbilenco, e una lunghissima siringa cromata, almeno mezzo metro.
Questa era la faccia del dottore:



Avete presente? Era il sinistro dottore di un divertente - quantomeno per i ragazzini - film dell'81: "Cannonball Run, la corsa più pazza d'america", con Burt Reynolds, Sammy Davis jr., Farraw Faccett, Dean Martin.. e tanti, parecchi altri.
Ora, io mi chiedo, come cazzo è venuto in mente al mio cervello di andare a prendere l'immagine di Jack Elam?!

Fatto sta che poi mi sveglio, scosso da quest'immagine, e mi precipito in bagno: non credevo potessero passare così tanta salamella e funghi dal mio naso, ero veramente ammirato! Un minuto di schifo e dolore, e conati apparentemente inarrestabili.

Mi rimetto in sesto, mi portano una limonata bollente (beata mamma), e poco a poco mi riaddormento tra brividi della febbre. Se ho sognato qualcos'altro, non lo ricordo, e forse è meglio così.

p.s: non che oggi vada molto meglio, ma almeno non ho più nulla da consegnare ai gorghi delle acque scure.


venerdì 22 gennaio 2010

Stream of (sub)consciousness

L'aria sa di primavera, dalle finestre entra il profumo di prato tagliato di fresco. Sono sudato, stanco ma carico come se fossi appena rientrato da un lungo giro in bicicletta per le strade della mia campagna. C'è anche musica nell'aria, viene dal salotto. A casa mia c'è sempre musica, nessuno riesce a farne a meno. Quando c'è silenzio, significa che c'è qualcosa che non va, ma non adesso. Mi sembra "Tequila sunrise" degli Eagles.
Sta arrivando il tramonto, ho cenato sotto il portico davanti al giardino, ed è già sera. Fa ancora caldo e ci sono stelle... vado dietro casa per vederle meglio, cercare qualche stella cadente e godermi la via lattea. Alcuni uccelli notturni cantano. Chiudo gli occhi dentro il sogno e si apre un altro sogno.
Sono in una specie di confortevole limbo nero. Non buio, mi inquieterebbe: è semplicemente nero. Sono in piedi di fronte ad una cornice ovale, sospesa a poco più di un metro da terra. E' dorata e vagamente barocca, senza tela. Dall'altra parte della cornice, una bellissima ragazza mi sorride. E nuda, o lo è per lo meno fino all'altezza della vita, dove termina l'ovale inferiore della cornice. E il suo sorriso sembra diventare più divertito quando nota il mio imbarazzo. Mi imbarazzo anche quando sogno*. Non dice nulla, sta li e mi sorride. Provo a fingermi indifferente ma la verità è che ne sono letteralmente rapito... rapito dal contrasto tra sua pelle candida e i capelli corvini, rapito dal suo viso, rapito dalle curve dei suoi seni, rapito da lei, e il cuore è tutto un pulsare assordante e infuocato che non riesco a fermare. I miei occhi nei suoi, i suoi nei miei.
Mi sveglio di nuovo e sono nei giardini del vecchio ospedale della città. Antiche costruzioni ottocentesche, di pietra scura e mattoni rossi (vagamente british). L'ospedale nuovo, nel sogno, non è ancora stato costruito. Alberi secolari e rampicanti ovunque, non ci sono auto parcheggiate e sembra non esserci nessuno oltre a me. Sono solo, e mi sto recando a quello che dovrebbe essere il reparto di pneumologia per un controllo. Pare quasi di trovarsi in un racconto di Lovecraft. Le finestre dei palazzi attorno a me sembrano osservarmi e non mi piace. Sto camminando sotto un lungo portico colonnato, quando mi accorgo di respirare a fatica, sempre più. Il petto quasi mi brucia e provo ad inspirare, ma è come se i polmoni fossero diventati grossi come palloncini... l'aria che respiro non mi basta. Mi appoggio ad una colonna piena di crepe, mi siedo... vorrei chiamare aiuto ma non posso. Chiudo gli occhi, sono certo di morire per davvero questa volta. Ho sempre sottovalutato i problemi di asma che ho, e ora ne faccio le spese. Mi accascio.
Ma mi sveglio di nuovo, e adesso respiro. A pieni polmoni! Sto camminando assieme alla mia famiglia su una sorta di lungomare. Siamo tutti felici, ridiamo e scherziamo. Oltre la ringhiera metallica, invece del mare, una sconfinata distesa ghiacciata che riflette la luce del sole e l'azzurro del cielo terso. In fondo all'orizzonte, la baia di New York. Non vedo la statua della libertà ma riconosco la skyline. Chiedo a mio fratello il binocolo, e cerco l'Empire State Building. Lo trovo e inizio a ridere come un bambino. E' bellissimo, anche così piccolo, traballante attraverso le lenti del binocolo, esattamente come lo immaginavo eppure così diverso, maestoso ed elegante, nella nebbiolina azzurrognola e luminosa di questa mattina d'inverno.
E poi mi sono svegliato, davvero questa volta.

* sono un pirla.

[Sono solamente alcuni sogni...]

domenica 17 gennaio 2010

Benvenuti...

Benvenuti nella mia nuova casa.
Si, è un po' vuota... e la donna delle pulizie è un pezzo che non passa, ma mi piace così.
C'è una poltrona gialla più comoda di quello che può sembrare, e un po' di musica nuova.

Se volete sedervi, vi porto qualcosa da bere.

   1. Big Black Mariah - Tom Waits
   2. Two Silver Trees - Calexico
   3. Faceto face with the devil - Allhelluja
   4. King Of The Road - Fu Manchu
   5. Nocturne op.27 no.2 - Chopin (eseguito da Pollini)
   6. The Storm - Yanni
   7. Jesus Saves - Savatage
   8. This is the Life - Amy MacDonald
   9. Candy - Paolo nutini
  10. Going Going Gone - Exodus
  11. Door 2.12 - Mnemic
  12. Alone Without You - The Nightwatchman
  13. Lie to me - Chris Isaak
  14. Blind Willie - Chris Rea
  15. Cat People - David Bowie

martedì 12 gennaio 2010

Stranger in a strange land

Stranger-Strange-Land-753749Mi sento come uno straniero in una terra straniera, di giorno non ho punti di riferimento, e la mia bussola è impazzita.
Sorrido ma sento che una parte di me sta recitando una parte. L'altra parte di me non so cosa diamine stia facendo, invece, a parte tenermi sveglio la notte.

Adesso sono seduto sul letto con le gambe incrociate, mentre guardo (con un occhio) un penoso film del 96 con  K. Russel e S. Seagal.
Sono talmente perso da non non provare neppure l'impulso di cambiare canale. E si tratta di un film veramente agghiacciante, una boiata stellestrisce del tipo "USA vs pericolosissimi attentatori su un aereo carico di bombe nucleari e virus" che neppure negli anni 80.

Avrei un paio di libri da leggere ma non credo sarei in grado di capire una sola parola, la playstation stasera non mi attira, e la chitarra sta benissimo li dov'è (sul suo bel trespolo a prendere polvere).

Forse farei meglio a spegnere tutto: pc, televisione, abat-jour... anche i lampioni in strada, persino quelle 3 stelle che si intravedono tra le nuvole. Questa sera non so apprezzare neppure quelle. Forse è meglio spegnere anche me.

Zot.

venerdì 8 gennaio 2010

Mission: impossible

A discapito del titolo di questo post, non so se alla fine riuscirò a cavarmela semplicemente grazie a dei giochi di specchi, o a una maschera di lattice e un chip che altera la voce, o a qualche ingegnoso doppio gioco.
Ma è sicuro che per agosto devo portare questo progetto a termine. Devo elaborare un piano!



Le fasi saranno:
- usare gli ultimi spiccioli per alcuni lavori di muratura nell'appartamento
- assaltare un furgone portavalori
- con la refurtiva, andare dal mio mobiliere di fiducia a comprare la cucina
- derubare il mobiliere, dopo che mi ha venduto la cucina, e andare all'ikea
- affogare nella vasca delle palline chi si metterà sul mio cammino per intralciarmi
- comprare una camera da letto
- rapire un bambino, pescato sempre dalla vasca delle palline
- col riscatto che mi pagheranno i ricchi genitori, comprare frigorifero, lavatrice, box doccia e mobilio per il bagno
- prima di rendere il bambino, fargli pulire da cima a fondo l'appartamento mentre sul divano io leggo Dylan Dog e mi cibo di tacos, salsa piccante e birra
- usare il resto del riscatto per tappare la bocca a polizia e carabinieri
- godermi finalmente casa mia.

Per agosto. Devo riuscirci.


martedì 5 gennaio 2010

Cinquantaquattro

Dopo la prima curva, il vicolo era già un sentiero. Saliva ripido tra le ultime case di case di pietra chiara, superava i muri a secco di minuscoli orti e si tuffava nel verde scuro delle ginestre.
Non distingueva i suoni, nelle orecchie un unico bordone, accordo dissonante di uccelli, cicale e vento.
Il sentiero giunse al culmine. Pierre vide il verde della macchia scendere ininterrotto fino al mare.

Cary non si intendeva di fisiognomica. Affermare che i tratti di un volto possano informare sul carattere di una persona gli sembrava una ipotesi eccessiva, suffragata da molti idioti con la faccia da idiota e smentita da troppi delinquenti con la faccia da gentleman. Tuttavia, aveva una tecnica per riconoscere gli imbecilli. Più che tecnica, un sesto senso. Infallibile. Basato su un concetto allargato di "aspetto esteriore", che non si limitasse cioè al volto, ma arrivasse a comprendere il modo di parlare, la scelta dei vestiti, il modo di incedere. Solo per indulgenza verso il prossimo, evitava di assegnare il cento per cento di probabilità alle diagnosi. Con Dyle, si limitò al 70.

Grace Kelly era la donna più bella del momento. Col sesso sotto la pelle, non in superficie, come piacevano a Hitch.
Il sesso doveva essere parte del mistero, non detto, implicito in uno sguardo, nella battuta giusta sul copione, in un dettaglio. Il sesso era una allusione sottile tra romanticismo e ironia.

Fanti non rispose, e guardò la musica. Sul pulsare del basso, intricati riffs di fiati corsero velocissimi fino al primo stacco. Fu come vederli tuffarsi in mare da una scogliera. Fiato sospeso. L'assolo di tromba avanzò come una fiamma lungo la miccia, fino all'esplosione che fece decollare il sax, simile a quei razzi dei cinegiornali.Nuovo stacco, sezione fiati al completo, fraseggio furioso fino all'apoteosi finale, tutta l'orchestra un'unica, colossale mazza i cui colpi abbatterono la canzone come una bestia portata al sacrificio. La rullata della batteria fu l'ultimo spasmo del corpo prima del colpo di grazia. Fine.

54, Wu-ming, Einaudi