sabato 29 settembre 2007

Let there be rock!

Ieri sono stato ad un concerto di musica "heavy metal"... diciamo anche molto "heavy metal".
E' stata una piacevolissima giornata, passata in compagnia di un caro amico, tra Verona e Treviso (città stupende) nell'attesa dell'evento serale.
Non avete mai visitato quelle città? Bene, andateci, non ve ne pentirete.


Iniziato alle 21 circa, il concerto non ha deluso le attese, e tra una birra, una cantata e gesti d'intesa con gli artisti sul palco, ci si è davvero divertiti.

Ascolto questo genere musicale da quando avevo 16/17 anni, e se ormai trentunenne seguo ancora con attenzione la scena, penso che sia palese che non si è trattato di un "amore" giovanilistico, dato dal desiderio di "ribellione a qualunque costo" che anima i teeneger di tutte le generazioni.


Deve esserci qualcosa in più, di più profondo. E anche se sono uno che vive la propria vita senza troppo curarsi di quello che gli altri pensano, mi rincuora vedere a questi concerti molti miei coetanei, anzi alcuni già più vicini alla quarantina di me. Almeno non sono il solo hehe.


Scrivo queste righe però perchè la notte, mentre tornavo a casa in autostrada, col mio fido amico che dorme della grossa e tanto tempo per pensare mentre cercavo io stesso di non addormentarmi,  mi sono fatto alcune domande su me stesso e il mio rapporto con la musica... e mentre di solito riesco a darmi una risposta in questo caso non ce l'ho fatta.


Voglio dire, a differenza del mio amico che definisco (e lui ne va orgoglioso) "integralista del metal", io amo ascoltare molta musica, generi diversissimi anche!
E mi chiedevo quale fosse il "fil rouge" che li lega.. o che nel mio cervello li rende egualmente stimolanti ed interessanti.


Cosa mi fa adorare da una parte Glen Miller e Duke Ellington, e dall'altra Pantera e In Flames?
O i Dire Straits e Chris Rea, e i Beastie Boys? O Chopin e Tchaikovsky e gli Eagles?


Mi pare scontata una risposta del tipo "Eh, si vede che ti piace musica diversa" :D


Mi piacerebbe capire cosa scatta nel mio cervello quando ascolto Rhapsody in Blue di Gershwin o Highway to Hell degli AC/DC, quali corde vengono toccate.


Poi ci penso, e mi accorgo che la cosa non riguarda solo la musica, ma anche i film (amo i cartoon con Pippo e Paperino, ma adoro Tarantino e non vedo l'ora di mettere le mani su Grindhouse e Planet Terror), o con i libri.
Che sia schizofrenia? :D O secondo voi un legame in qualche modo esiste?


Anyway (parlare in chat con mia sorella che vive in Scozia mi deve aver scombinato gli intercalari hehe), ho una amica che ascolta Led Zeppelin e Satie, almeno un'altra persona con "problemi" simili l'ho trovata hahaha!

lunedì 24 settembre 2007

Stasera sono allegro...

... no, non molto in realtà. Ogni tanto capita anche a me, checcepossofà?
La tristezza è un sentimento che non posso non legare al periodo Romantico, il mio preferito.

E visto che siamo in tema di allegria, ecco uno stralcio de "The rime of the ancient mariner - La ballata del vecchio marinaio", di Samuel Taylor Coleridge.
Se vi capita di leggerla, meglio se in inglese, probabilmente resterete colpiti quanto me dalla forza evocativa sprigionata da ogni singolo verso.

E adesso basta far finta di essere colto, leggete e se vi piace correte a leggervi il resto in biblioteca


Potrei accennarvi anche la storia, ma forse se non dico niente e vi lascio solo questi due pezzi semislegati vi incuriosisco di più hehe...


La ballata del vecchio marinaio

"Giorno dopo giorno, giorno dopo giorno.
immobili senza un soffio di vento o un movimento
immobili come una nave dipinta su un oceano dipinto
acqua acqua ovunque
e tutte le assi si ritirarono
acqua a perdita d'occhio ma non una goccia da bere."

"Uno per uno alla luce della luna
troppo veloci per un sospiro o un gemito
uno a uno si voltarono con un dolore insopportabile
e con gli occhi mi maledirono
Quattro volte cinquanta uomini
(e non li sentii nè sospirare nè gemere)
con un tonfo sordo, informi, senza vita
caddero, uno a uno"

S.T. Coleridge

domenica 23 settembre 2007

[Racconto] Una cravatta rossa

Nota: come sempre è un raccontino senza pretese, solo alcune idee buttate giù :-)

Mi sveglio scivolando fuori dal sonno, lentamente, come sempre.
Per istinto cerco la mano di lei. Una fredda brezza mi attraversa il cuore quando non la trovo.
Quando realizzo, di nuovo, che lei non c'è, e non c'è mai stata.
E' una cosa che mi succede da qualche anno, da quando ho passato l'ottantina.
E' una strana sensazione
La luce che entra dalla finestra è fioca e grigia. Fuori c'è la nebbia.
Sono le 7, è ora di alzarsi. Ho tutto il tempo ma non voglio prendermela troppo comoda.
Il pavimento è gelido. Seduto sul letto, con i piedi cerco le ciabatte, mentre con la mano afferro il bastone.


Che strani scherzi fa il cervello.
Giurerei di sentire il suo profumo nell'aria. Potrebbe essere... vediamo, forse Chanel, ma non ne sono sicuro.
La sogno ogni notte, e ogni notte è un sogno diverso.
Lei in cucina, ai fornelli, illuminata dalla calda luce gialla di quel lampadario che ha voluto comprare a tutti i costi al mercatino.
Io che le porto dei fiori, è il nostro anniversario. E' seduta sul divano, non se li aspetta... e mentre si alza per venirmi incontro vedo che ha gli occhi lucidi.
Pantaloncini corti e ginocchia sbucciate da mille cadute. Davanti a noi c'è un tetro capannone abbandonato. Eccitati ed ansiosi di scoprire i segreti che vi si nascondono, scavalchiamo la recinzione ed entriamo.
E' sera, e cade una pioggerellina leggera. Passeggiamo per le vie ciottolate di una città che potrebbe essere Parigi, o Roma, stretti sotto un unico ombrello.
Estate, una veranda allagata dalla luce del sole, di fronte ad un mare talmente azzurro da ferire gli occhi. Sta leggendo un libro. La osservo sorridendo.
A volte siamo adulti, a volte solo poco più che ragazzini, altre volte non importa.


Sono istantanee di una vita che non ho mai vissuto, sogni vividi ed intensi che colpiscono cuore e sensi con una forza che stordisce.
E ogni mattina il risveglio, il "distacco", è sempre più crudele, alleviato solo dalla certezza che la sera stessa sarò di nuovo con lei.


Mi vesto. E' un completo elegante. Le scarpe nere sono lucidissime, mi ci posso quasi specchiare.
Sulla camicia bianca la cravatta rossa sta davvero bene, la commessa aveva ragione, un tocco giovanile non guasta.
Una rapida controllata allo specchio. Sono in ordine.
Cappello in una mano e bastone nell'altra, mi volto a guardare la stanza. Non so perché ho rifatto il letto. Mi fa anche male la schiena, potevo risparmiarmelo.
Forse perché un letto non fatto sa di qualcosa di sospeso, di non concluso. Chissà...


Esco da casa mia e lentamente mi incammino.
Invece di passare per il paese, scelgo la via che corre sull'argine del grande fiume.
Allungherò la strada di qualche chilometro, ma non ho fretta. E non potevo perdermi lo spettacolo della nebbia, giù in basso tra i pioppi, che forma un vero e proprio lago d'argento. Quando da piccolo venivo a giocare qui rimanevo sempre incantato da quella meraviglia.
Si sente il suono del fiume, distante solo poche centinaia di metri da me ma nascosto dalla bruma. Un tranquillo e maestoso brontolio.


Mentre passeggio mi guardo la cravatta. Mi sta davvero bene. Che vanitoso sono diventato invecchiando.


Sto pensando al luogo dove sto andando. Che strano, non ha un nome. Non glie l'hanno voluto dare, chissà perchè. Ogni cosa dovrebbe avere un nome.
L'"opuscolo preparatorio", come lo chiamano loro, mi è arrivato 2 anni fa. Una infermiera mi annuncerà gentilmente che il mio turno è arrivato. Mi farà scegliere, se lo desidero, un brano da ascoltare mentre mi faranno l'iniezione, che (non si preoccupi!) è totalmente indolore. Si cade lentamente in un sonno profondo, dove ogni funzione vitale rallenta progressivamente fino a fermarsi. Semplice.
La psiche umana è davvero qualcosa di strabiliante. 30 anni fa tutto questo era considerato un abominio, poi un male necessario, oggi come una inevitabile conseguenza dell'essere nati...


Mentre cammino, cerco di scorgere davanti a me la sagoma del "luogo". Ma forse sono ancora lontano, non si vede. E la nebbia è ancora fitta.
La respiro a pieni polmoni. Sa di erba bagnata. Sopra di me scorgo il tenue baluginio del sole di Novembre.


Al pensiero del "grande sonno" che mi attende, non posso che sorridere pensando che finalmente non ci sarà più alcun risveglio a separarmi da lei.

giovedì 20 settembre 2007

[Racconto breve] The Blue Cafè


C'è un bar all'angolo della strada. E' uno di quei bar che d'estate ha tutti i tavolini fuori, coperti da ombrelloni color panna.
Questa mattina però fa fresco, e gli ombrelloni sono ancora chiusi.

Frequento quel bar da non molto, diciamo da quando ho conosciuto lei.
Forse conosciuto è una parola grossa... da quando "mi sono imbattuto" in lei, ecco.
Ci incontriamo spesso per una colazione, a volte per un aperitivo.
Si discute del più e del meno, non parliamo mai troppo di noi...   ma si ride spesso e ogni volta che esco da quel bar, dopo averla salutata, il mio cuore è più leggero.
Sapete, quando la guardo sorseggiare quel caffè, con gli occhi che ridono per la battuta appena sentita o perchè ne ha una già pronta da sparare non appena poserà la tazzina, sento qualcosa muoversi in me.
Non so ancora cosa sia ma non è il cappuccino, ve lo assicuro.

Insomma, avete capito... è piacevole passare il tempo con lei... e la colazione dura sempre troppo poco.
E nonostante per me bere il caffè con quella maschera addosso sia una vera sofferenza, col rischio costante di sbrodolarmi e di fare una partaccia proprio davanti a lei, ogni volta che ci diamo appuntamento sono la.
La cosa strana è che so benissimo che da un giorno all'altro potrei non vederla più... in fondo ci conosciamo così poco, e ognuno ha la sua vita, i suoi sogni, i suoi desideri... non ho idea di cosa accadrà domani, o dopodomani.

Ma credetemi, so già che se un giorno non potessi più incontrarla per offrirle la colazione e ridere un po' con lei, con ogni probabilità sarà un giorno piovoso. E un po' triste.

lunedì 17 settembre 2007

[Racconto] Nella stanza buia, rischiarata appena...

Premessa
Niente di chè... semplicemente mi è venuto in mente un abbozzo di "storiella" noir e ho pensato elaborarlo un po' e di buttarlo giù :-)


Capitolo 1
Nella stanza buia, rischiarata appena dalla calda luce del camino acceso, sprofondato nell'amata vecchia poltrona e nei miei cupi pensieri, fumo una pipa.
Aspettando che arrivi l'assassino

Capitolo 2
Ora giace a terra, davanti a me, in una pozza di liquido scuro e denso come olio.
Il pugnale deve aver reciso la giugulare.
E' vestito di nero, indossa passamontagna e anfibi.
Credo sapesse che lo stavo aspettando.
Ricordo lo scintillio della lama nella sua mano.
Rifletteva la gialla luce del camino.
Ricordo il rumore dei suoi passi mentre si avvicinava a me.
Non pensava che opponessi resistenza, poichè dovevo sapere che era tutto finito.
Per qualche momento lo pensai anche io.
Non si può vivere una vita come quella che ho vissuto, e sperare di farla franca.
Non si può sperare tanto.
Eppure...
Avevo appoggiato la pipa sul tavolo vicino la potrona, e lo fissavo
Era ormai fermo a pochi passi da me, non parlava. I suoi occhi mi studiavano.
Si lanciò su di me, mi scansai.
Poi un bianco lampo di dolore alla guancia.
Poi il secco rumore di ossa spezzate, quando l'attizzatoio lo colpì in volto.
Poi il coltello sul tappeto, che sembrava lontano, troppo lontano.
Ma riuscii a prenderlo.
Con la coda dell'occhio lo vidi armeggiare con la fondina della pistola.
Lo colpii alla gola con la lama.

Poi svenni

Deve essere stato solo per pochi minuti, il fuoco nel camino non si è ancora spento.
Adesso mi fanno male i muscoli delle gambe, delle braccia. Mi sento come se mi fossi appena svegliato dopo una sbronza colossale.
Mi passo una mano sulla guancia. C'è un taglio profondo, lungo forse una decina di centimentri.

Brucia da morire.

Non devo avere un bell'aspetto.

Guardo fuori dalla finestra. Sta iniziando a nevicare.
So che non posso restare qui, devo andare.

Nel garage la vecchia Porsche sembra aspettarmi, ansiosa anche lei di partire.
La basculante elettrica si apre lentamente su una notte bianca e silenziosa, irreale, nella quale gli unici suoni sono il cupo rombo della vettura e lo scricchiolare dei pneumatici sulla neve appena caduta.

Senza voltarmi, me ne andai.*

Fine


* Licenza poetica (discutibile hehe) per l'utilizzo del passato anche se il racconto è al presente