domenica 24 gennaio 2010

Delirio sulle montagne rocciose - con Steven Seagal e Woody Allen

Il titolo non ha senso, ma d'altronde sono ancora in fase semi-delirante, non potete pretendere...!

Non ho mai sofferto d'ansia nel vero senso della parola. Gastriti nervose, mal di testa, insonnia... mai provato nulla del genere nemmeno in casi di stress fortissimo.
Fino a qualche settimana fa, suppongo. Agli inizi di gennaio ho cambiato lavoro, anche se ancora mi divido tra il vecchio e il nuovo per sistemare alcune "pendenze"... e sarà così per forse altri 2/3 mesi.
La consapevolezza di aver lasciato un lavoro che, tutto sommato, mi piaceva, unita al timore di essere la persona meno adatta a fare quello che sto facendo ora, assieme ad una fitta nuvola di pensieri che col lavoro non hanno nulla a che vedere, deve aver fatto scattare qualcosa.
Aver l'urto del vomito dopo aver fatto una semplice telefonata, non è normale... ma pazienza, passerà. Forse è ansia da prestazione come quella di alcuni attori di teatro, che vomitano prima di salire sul palco.

Negli ultimi due giorni i sintomi sembravano quasi essere scomparsi del tutto, con mio grande gaudio. Odio la sensazione pre-conato, anche quella post e pure quella durant. E non riesco a capire quei pazzi che per amor di linea mangiano e poi si ficcano 2 dita in gola per sboccare. Preferirei prendere 10 frustate, piuttosto!

Ma avevo cantato vittoria troppo presto: quello che non ha potuto l'ansia, l'ha portato a termine un virus.

Da un paio di giorni avevo un lieve mal di stomaco, dall'intensità semi-random, nulla di che. Quindi ieri sera, anche se non ero in formissima, sono ugualmente uscito con alcuni amici che non vedevo da tempo per due chiacchere e una pizza.
Già in auto mi ero accorto che qualcosa non andava, il mal di stomaco stava montando. Da stupido quale sono, nonostante le fitte, ho deciso di mangiare comunque la pizza.
Ieri sera dovevo essere veramente un dito al culo: non cagavo di striscio il logorroico alla mia destra e non capivo un cazzo di quello che dicevano i ragazzi alla mia sinistra, anche se sembrava essere interessante. Annuivo come i cagnolini col collo a molla che mettevano sulle cappelliere delle auto negli anni 60 (non ditemi che qualcuno li usa ancora).
La salvezza è arrivata dall'alto: il grosso tv lcd appeso sul muro alla mia destra dava 1997 Fuga da New York (viva, viva Carpenter) da poco iniziato, e io mi ci sono letteralmente perso dentro.
Usciamo, paghiamo il conto, sento i primi brividi febbrili, salgo in auto e metto su un cd a caso (davvero, non ricordo che cd ho "ascoltato", il che la dice lunga).

Arrivo a casa, mi guardo allo specchio (arghh), mi butto a letto con doppia coperta per soffocare i brividi. Poco prima di svenire, riesco a mandare un sms e poi crollo in un sonno malato pieno di figure strane e indefinite. Poi mi trovo in un limbo nero simile a quello descritto nel post precedente, ma non mi trovo di fronte alla cornice. Sono in un letto bianco, alla mia destra l'asta di una flebo. Alla mia sinistra deve esserci lei, ma non la vedo. Sento solo la sua mano sulla mia fronte, sensazione piacevole, subito interrotta dalla visione che mi si para davanti.
Un dottore, andato a ripescare nel mio archivio cinematografico mentale, mi guarda con un sorriso sbilenco, e una lunghissima siringa cromata, almeno mezzo metro.
Questa era la faccia del dottore:



Avete presente? Era il sinistro dottore di un divertente - quantomeno per i ragazzini - film dell'81: "Cannonball Run, la corsa più pazza d'america", con Burt Reynolds, Sammy Davis jr., Farraw Faccett, Dean Martin.. e tanti, parecchi altri.
Ora, io mi chiedo, come cazzo è venuto in mente al mio cervello di andare a prendere l'immagine di Jack Elam?!

Fatto sta che poi mi sveglio, scosso da quest'immagine, e mi precipito in bagno: non credevo potessero passare così tanta salamella e funghi dal mio naso, ero veramente ammirato! Un minuto di schifo e dolore, e conati apparentemente inarrestabili.

Mi rimetto in sesto, mi portano una limonata bollente (beata mamma), e poco a poco mi riaddormento tra brividi della febbre. Se ho sognato qualcos'altro, non lo ricordo, e forse è meglio così.

p.s: non che oggi vada molto meglio, ma almeno non ho più nulla da consegnare ai gorghi delle acque scure.


venerdì 22 gennaio 2010

Stream of (sub)consciousness

L'aria sa di primavera, dalle finestre entra il profumo di prato tagliato di fresco. Sono sudato, stanco ma carico come se fossi appena rientrato da un lungo giro in bicicletta per le strade della mia campagna. C'è anche musica nell'aria, viene dal salotto. A casa mia c'è sempre musica, nessuno riesce a farne a meno. Quando c'è silenzio, significa che c'è qualcosa che non va, ma non adesso. Mi sembra "Tequila sunrise" degli Eagles.
Sta arrivando il tramonto, ho cenato sotto il portico davanti al giardino, ed è già sera. Fa ancora caldo e ci sono stelle... vado dietro casa per vederle meglio, cercare qualche stella cadente e godermi la via lattea. Alcuni uccelli notturni cantano. Chiudo gli occhi dentro il sogno e si apre un altro sogno.
Sono in una specie di confortevole limbo nero. Non buio, mi inquieterebbe: è semplicemente nero. Sono in piedi di fronte ad una cornice ovale, sospesa a poco più di un metro da terra. E' dorata e vagamente barocca, senza tela. Dall'altra parte della cornice, una bellissima ragazza mi sorride. E nuda, o lo è per lo meno fino all'altezza della vita, dove termina l'ovale inferiore della cornice. E il suo sorriso sembra diventare più divertito quando nota il mio imbarazzo. Mi imbarazzo anche quando sogno*. Non dice nulla, sta li e mi sorride. Provo a fingermi indifferente ma la verità è che ne sono letteralmente rapito... rapito dal contrasto tra sua pelle candida e i capelli corvini, rapito dal suo viso, rapito dalle curve dei suoi seni, rapito da lei, e il cuore è tutto un pulsare assordante e infuocato che non riesco a fermare. I miei occhi nei suoi, i suoi nei miei.
Mi sveglio di nuovo e sono nei giardini del vecchio ospedale della città. Antiche costruzioni ottocentesche, di pietra scura e mattoni rossi (vagamente british). L'ospedale nuovo, nel sogno, non è ancora stato costruito. Alberi secolari e rampicanti ovunque, non ci sono auto parcheggiate e sembra non esserci nessuno oltre a me. Sono solo, e mi sto recando a quello che dovrebbe essere il reparto di pneumologia per un controllo. Pare quasi di trovarsi in un racconto di Lovecraft. Le finestre dei palazzi attorno a me sembrano osservarmi e non mi piace. Sto camminando sotto un lungo portico colonnato, quando mi accorgo di respirare a fatica, sempre più. Il petto quasi mi brucia e provo ad inspirare, ma è come se i polmoni fossero diventati grossi come palloncini... l'aria che respiro non mi basta. Mi appoggio ad una colonna piena di crepe, mi siedo... vorrei chiamare aiuto ma non posso. Chiudo gli occhi, sono certo di morire per davvero questa volta. Ho sempre sottovalutato i problemi di asma che ho, e ora ne faccio le spese. Mi accascio.
Ma mi sveglio di nuovo, e adesso respiro. A pieni polmoni! Sto camminando assieme alla mia famiglia su una sorta di lungomare. Siamo tutti felici, ridiamo e scherziamo. Oltre la ringhiera metallica, invece del mare, una sconfinata distesa ghiacciata che riflette la luce del sole e l'azzurro del cielo terso. In fondo all'orizzonte, la baia di New York. Non vedo la statua della libertà ma riconosco la skyline. Chiedo a mio fratello il binocolo, e cerco l'Empire State Building. Lo trovo e inizio a ridere come un bambino. E' bellissimo, anche così piccolo, traballante attraverso le lenti del binocolo, esattamente come lo immaginavo eppure così diverso, maestoso ed elegante, nella nebbiolina azzurrognola e luminosa di questa mattina d'inverno.
E poi mi sono svegliato, davvero questa volta.

* sono un pirla.

[Sono solamente alcuni sogni...]

domenica 17 gennaio 2010

Benvenuti...

Benvenuti nella mia nuova casa.
Si, è un po' vuota... e la donna delle pulizie è un pezzo che non passa, ma mi piace così.
C'è una poltrona gialla più comoda di quello che può sembrare, e un po' di musica nuova.

Se volete sedervi, vi porto qualcosa da bere.

   1. Big Black Mariah - Tom Waits
   2. Two Silver Trees - Calexico
   3. Faceto face with the devil - Allhelluja
   4. King Of The Road - Fu Manchu
   5. Nocturne op.27 no.2 - Chopin (eseguito da Pollini)
   6. The Storm - Yanni
   7. Jesus Saves - Savatage
   8. This is the Life - Amy MacDonald
   9. Candy - Paolo nutini
  10. Going Going Gone - Exodus
  11. Door 2.12 - Mnemic
  12. Alone Without You - The Nightwatchman
  13. Lie to me - Chris Isaak
  14. Blind Willie - Chris Rea
  15. Cat People - David Bowie

martedì 12 gennaio 2010

Stranger in a strange land

Stranger-Strange-Land-753749Mi sento come uno straniero in una terra straniera, di giorno non ho punti di riferimento, e la mia bussola è impazzita.
Sorrido ma sento che una parte di me sta recitando una parte. L'altra parte di me non so cosa diamine stia facendo, invece, a parte tenermi sveglio la notte.

Adesso sono seduto sul letto con le gambe incrociate, mentre guardo (con un occhio) un penoso film del 96 con  K. Russel e S. Seagal.
Sono talmente perso da non non provare neppure l'impulso di cambiare canale. E si tratta di un film veramente agghiacciante, una boiata stellestrisce del tipo "USA vs pericolosissimi attentatori su un aereo carico di bombe nucleari e virus" che neppure negli anni 80.

Avrei un paio di libri da leggere ma non credo sarei in grado di capire una sola parola, la playstation stasera non mi attira, e la chitarra sta benissimo li dov'è (sul suo bel trespolo a prendere polvere).

Forse farei meglio a spegnere tutto: pc, televisione, abat-jour... anche i lampioni in strada, persino quelle 3 stelle che si intravedono tra le nuvole. Questa sera non so apprezzare neppure quelle. Forse è meglio spegnere anche me.

Zot.

venerdì 8 gennaio 2010

Mission: impossible

A discapito del titolo di questo post, non so se alla fine riuscirò a cavarmela semplicemente grazie a dei giochi di specchi, o a una maschera di lattice e un chip che altera la voce, o a qualche ingegnoso doppio gioco.
Ma è sicuro che per agosto devo portare questo progetto a termine. Devo elaborare un piano!



Le fasi saranno:
- usare gli ultimi spiccioli per alcuni lavori di muratura nell'appartamento
- assaltare un furgone portavalori
- con la refurtiva, andare dal mio mobiliere di fiducia a comprare la cucina
- derubare il mobiliere, dopo che mi ha venduto la cucina, e andare all'ikea
- affogare nella vasca delle palline chi si metterà sul mio cammino per intralciarmi
- comprare una camera da letto
- rapire un bambino, pescato sempre dalla vasca delle palline
- col riscatto che mi pagheranno i ricchi genitori, comprare frigorifero, lavatrice, box doccia e mobilio per il bagno
- prima di rendere il bambino, fargli pulire da cima a fondo l'appartamento mentre sul divano io leggo Dylan Dog e mi cibo di tacos, salsa piccante e birra
- usare il resto del riscatto per tappare la bocca a polizia e carabinieri
- godermi finalmente casa mia.

Per agosto. Devo riuscirci.


martedì 5 gennaio 2010

Cinquantaquattro

Dopo la prima curva, il vicolo era già un sentiero. Saliva ripido tra le ultime case di case di pietra chiara, superava i muri a secco di minuscoli orti e si tuffava nel verde scuro delle ginestre.
Non distingueva i suoni, nelle orecchie un unico bordone, accordo dissonante di uccelli, cicale e vento.
Il sentiero giunse al culmine. Pierre vide il verde della macchia scendere ininterrotto fino al mare.

Cary non si intendeva di fisiognomica. Affermare che i tratti di un volto possano informare sul carattere di una persona gli sembrava una ipotesi eccessiva, suffragata da molti idioti con la faccia da idiota e smentita da troppi delinquenti con la faccia da gentleman. Tuttavia, aveva una tecnica per riconoscere gli imbecilli. Più che tecnica, un sesto senso. Infallibile. Basato su un concetto allargato di "aspetto esteriore", che non si limitasse cioè al volto, ma arrivasse a comprendere il modo di parlare, la scelta dei vestiti, il modo di incedere. Solo per indulgenza verso il prossimo, evitava di assegnare il cento per cento di probabilità alle diagnosi. Con Dyle, si limitò al 70.

Grace Kelly era la donna più bella del momento. Col sesso sotto la pelle, non in superficie, come piacevano a Hitch.
Il sesso doveva essere parte del mistero, non detto, implicito in uno sguardo, nella battuta giusta sul copione, in un dettaglio. Il sesso era una allusione sottile tra romanticismo e ironia.

Fanti non rispose, e guardò la musica. Sul pulsare del basso, intricati riffs di fiati corsero velocissimi fino al primo stacco. Fu come vederli tuffarsi in mare da una scogliera. Fiato sospeso. L'assolo di tromba avanzò come una fiamma lungo la miccia, fino all'esplosione che fece decollare il sax, simile a quei razzi dei cinegiornali.Nuovo stacco, sezione fiati al completo, fraseggio furioso fino all'apoteosi finale, tutta l'orchestra un'unica, colossale mazza i cui colpi abbatterono la canzone come una bestia portata al sacrificio. La rullata della batteria fu l'ultimo spasmo del corpo prima del colpo di grazia. Fine.

54, Wu-ming, Einaudi