sabato 17 dicembre 2011

Welcome



Eccomi, nella nuova "casa". In un certo senso. E in più di un senso.
Splinder se ne è andato, o sta per andarsene, mySpace langue in un pantano di "inusabilità" e di pesantezza privi di senso... quindi ho fatto i bagagli, con un po' di nostalgia.
Stacchi i quadri dai muri, e vedi l'alone giallognolo li, sulla parete bianca che una volta era tua e che non sarà mai più.

Da quanto tempo non mi sedevo a scrivere? Scrivere realmente intendo... mesi. E' stato impressionante riprendere in mano i miei vecchi blog, e rendermi conto di quanto abbia scritto negli anni passati, e quanto invece poco sia riuscito a mettere nero su bianco in questo 2011.
Se avessi avuto bisogno di altre conferme su quanto sia stato duro questo anno... beh, direi che questa basta e avanza.
Ho riletto parecchio di quello che ho scritto dal 2007 ad oggi, quasi sempre con una specie di sorriso sulle labbra. Mi riconosco ancora in quasi tutto quello che ho scritto.. mi chiedo solo se il Derek del 2007 riconoscerebbe me. Credo che per lui sarebbe come osservare se stesso attraverso un vetro rotto. Non mi piace né pensarlo né scriverlo, ma è così.

Mancano pochi giorni alla fine dell'anno, ho fatto trasloco, alcune cose sono cambiate, altre sono successe, altre sono rimaste quello che erano, e io cerco di lottare contro quel tappo emozionale che mi impedisce talvolta anche di essere sincero con me stesso, di dirmi come stanno realmente le cose.
Anche adesso... queste dannate dita incespicano sui tasti, non sono più abituato a dire le cose.
Avrei bisogno di uno scrollone, o di un bacio, o di entrambi assieme. O di uno psicologo, o di parecchio whiskey, o di un cielo ampio e azzurro e zeppo di nuvole, per ubriacarmi di ossigeno e profumo di pini marittimi e salsedine fino a perdere i sensi.

E in questo assurdo anno, interminabile ma che allo stesso tempo, letteralmente, mi sembra iniziato ieri, ci sono state notti strazianti dove avrei persino pregato dio, un dio qualunque per riuscire a dormire più di mezz'ora di fila. Risvegli grigi e giornate senza sapore, sorrisi che mi sforzavo di ricambiare per amore, credibili forse solo a metà.
E' febbraio, Sally si ammala, probabilmente l'epatite l'aveva colpita già lo scorso autunno, ma solo adesso i segni diventano evidenti. Accarezzo quella schiena ogni giorno più magra, lei mi guarda dritto negli occhi... quella timidona non l'aveva mai fatto prima. Chissà cosa vuole dirmi... Sta con noi ogni ora, ogni minuto, e noi con lei. Tutte le mattine entra silenziosa nella camera da letto, viene a svegliarmi, appoggia il grosso muso bianco sul cuscino e sbuffa col naso fino a quando non mi decido a coccolarla. Sta meglio, le medicine funzionano, finalmente.
Poi arrivano i profumi della primavera, i primi tepori, le giornate scivolano nella notte più tardi. Vedo quella ragazza  dalla pelle candida seduta al tavolo... sorseggia vino da un calice. La sua figura elegante e prorompente sprigiona una  vitalità contagiosa, una sensualità naturale e irresistibile. Il contrasto tra la durezza della sua lingua e la dolcezza della sua voce mi colpisce... ci scherzo un po' su, la faccio ridere, e mi assicura che non è colpa del vino mentre mi sorride di rimando con le labbra e con gli occhi.
Restiamo in contatto, la tecnologia aiuta, le risate diventano gioco, il gioco diventa intimità, mentre il limite si sposta sempre di più e le notti si accorciano. E' tutto quanto folle, lo sappiamo entrambi, ma giunti sul ciglio del burrone ci lanciamo.
Sally sembra stabile, chiedo ai miei di tenermi informato, tra qualche giorno sarò di nuovo in italia. L'aereo atterra sulla pista larga e grigia, vedo il terminal avvicinarsi, i tralicci metallici e le grandi vetrate brillano sotto un sole splendente e diverso, probabilmente a causa del differente parallelo.
Una cena imbarazzata, inciampiamo nel nostro inglese, le luci delle candele illuminano una cucina immersa nel caos, risate, il parquet chiaro e scricchiolante del soggiorno, un grande divano, lenzuola bordeaux, i libri, i mobili scuri, il tavolo di cristallo. Mi sveglio col rumore della pioggia che picchietta sui vetri delle grandi finestre, forse ottocentesche. Il suo corpo caldo abbracciato al mio, il suo respiro profondo, rilassato. Dorme di gusto, e sento la dolce pressione del suo seno contro il mio petto, mi godo il profumo dei lunghi capelli, ricci e ribelli, così poco teutonici -penso-, e la sensazione della la mia mano che accarezza la sua pelle liscia.
Di fronte alla bellezza del corpo di una donna, riesco a volte a pensare che un Dio possa esistere veramente.
L'estate finisce, ha il sapore dolce e malinconico di una follia che, nonostante i timori del dopo, andava vissuta. E sorrido pensando al monologo finale di Basta che funzioni, di Allen.
“Ecco perché non lo dirò mai abbastanza: qualunque amore riusciate a dare e ad avere, qualunque felicità riusciate a rubacchiare o a procurare, qualunque temporanea elargizione di grazia, basta che funzioni… ”.

L'estate si dissolve nell'autunno, e porta con se anche Sally.
Non riuscirò mai a dimenticare il suo ultimo respiro, quella  pancia rosa che si gonfia e si sgonfia poco a poco per l'ultima volta, i suoi occhi chiusi, l'espressione dolce del suo muso, l'odore di quell'alba stanca, e il rumore della pala che si conficca nel terreno bagnato.

Malinconia autunnale, spleen e umor nero, anche Baudelaire si toccherebbe le balle vedendomi. Il lavoro non aiuta, di giorno continuo a fingere di vendere case, di notte e nei weekend lavoro su tele digitali e pagine di codice. Nelle pause pranzo insegno. Riposo solo quando non riesco più fisicamente a procedere, non ho più energie.
Dovrei prendermi del tempo per me stesso - mi dico - e poi scoppio a ridere, perché non posso e mando affanculo tutto mentre cerco di prendere sonno, in vista di una nuova giornata popolata nel migliore dei casi da clienti squattrinati con manie di grandezza, nel peggiore da perditempo idioti.
Finalmente mi vengono pagati lavori arretrati, finalmente la camera da letto potrà passare dallo stato di effimera chimera a quello di realtà possibile.
Ikea e non solo, cacciaviti e brugole, montatori di armadi che sembrano terroristi islamici e che arrivano sotto casa con un Bedford bianco dell'ottantadue che mi ricorda per associazioni traslate Khomeini e l'Iran e i kalashnikov e i bazooka nascosti sotto i sedili e Rambo.
La casa è quasi finita, se iddio vuole. Terza volta che lo nomino nello stesso post, brutto segnale.
A novembre altri mobili, nuovi calli da cacciavite e martello, qualche litro di impregnante, e principio di intossicazione con vomito da solvente, perché sono un idiota, lo sanno anche quelli usciti da scuola radioelettra che quantomeno si aprono le finestre quando si fanno certi lavori, ma io non ci penso e poi fa freddo, cazzo.
Detergenti improvvisati fatti con birra e acquaragia, McGyver si rivolterebbe nella tomba. A una mente rilassata non verrebbe mai in mente di fare una cosa del genere, diciamolo.

E la mia mente chiaramente non lo è, a scapito delle apparenze... ma sono sempre stato un asso della dissimulazione. Non soffrissi di solletico sarei un'ottima spia.

Sto dissimulando anche adesso? Non lo so più.
Vado a letto, buonanotte (o buongiorno) a chi ha letto questo delirio e... benvenuti nella mia nuova casa. Vado a sparare alla luna.

Ossequi.
S.




4 commenti:

  1. ..che meraviglia, nonostante tutto, rileggerti.
    E sembrava di essere davvero sul TUO divano a sentirti raccontare questo anno che finisce.
    Spero che sia migliroe di ogni tua aspettativa il 2012 che sembra correre già più della mia mente.

    [a breve traslocherò, lo giuro!]

    Midori

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  2. Quest'anno sta finendo, finalmente. Voglio che il 2012 mi risarcisca di tutte le cose brutte che il 2011 mi ha fatto sperimentare.

    Auguro lo stesso a te. Di cuore. ...Ma per gli auguri ufficiali di Buon Anno c'è ancora un po' di tempo.
    Per ora, quindi, ti lascio un fortissimo abbraccio solidale. :)
    A presto,

    Antartica. :)


    Ps. La tua vera casa è 1000 volte meglio della mia 'casetta' virtuale. A ti la godire cun saludu! :) (traduzione dal sardo: "Che tu possa godertela in salute" [è un augurio tradizionale].

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  3. La tua cucina è grande quanto l'appartamento che ho preso in affitto. Ora vedo se riesco a farmi una nuova casa virtuale meglio della tua! :P
    Derek, non smettere di scrivere.

    Nephie con le valigie in mano (ancora per poco, spero!).

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  4. @Nephie: Felice di rivederti qui!! :-) Haha la cucina sembra grande perchè ho usato un grandangolo... adesso però non vedo l'ora di vedere le tue due case, quella virtuale e quella non! Mi raccomando, non smettere di scrivere anche tu... è troppo tempo che non ti leggo, e manchi.

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