venerdì 16 marzo 2012

Io volevo solo che la giornata mi scivolasse addosso


In ufficio, seduto alla scrivania, osservo il mondo al di la del vetro antisfondamento della vetrina. I portici, con il tranquillo viavai di un giovedì mattina di fine inverno, e oltre i portici la strada, con le auto che viaggiano sotto un sole timido alla rassicurante velocità di cinquanta chilometri all'ora. Le cose, le persone, perfino la luce del sole che si riflette sulle carrozzerie dei suv e delle utilitarie...sembra tutto coperto da un velo grigio, stanco.

Non ho  voglia di vedere nessuno, non ho voglia di alzare il telefono per chiamare quel cliente viscido, e non ho neppure voglia di sentire la vecchia signora snob con 3 cognomi... voglio semplicemente continuare a guardare quel mondo grigio senza pensare a nulla, e lasciare che il tempo scorra.

Poi entrano, sono 5: lui, lei, e tre figli esagitati di circa 3, 7 e 9 anni. I bambini si aggrappano alla tenda, si lanciano sulle poltrone, il padre in tuta da ginnastica rosso fuoco, ultima moda tra i killer della mafia russa penso, parla tre quarti napoletano stretto e un quarto in italiano, e mi chiede se abbiamo appartamenti. Certo, rispondo. La moglie, vestita come per una serata in discoteca, indossa minigonna inguinale, incurante della forme non proprio da modella, collant coprenti e stivali neri scamosciati, trucco perfetto, i denti della stessa sfumatura di nero del mascara, guarda il marito e non dice nulla. Lavora solo lui, e ne sembra orgoglioso... 4 persone a carico, mi chiedo quale cliente pazzo vorrà mai affittargli il proprio appartamento. Credo nessuno. Prendo tempo, gli dico che le chiavi di quel quadrilocale mi arriveranno domani. Mamma e papà mi danno la mano, una stretta fiacca, nel sorriso di lui leggo pura incoscienza, quella che deve aver governato la sua vita dal giorno che è nato, mentre in quelli di lei vedo... non vedo niente, in realtà. La cosa non mi stupisce più di tanto. Li guardo uscire con i tre figli al seguito. Sono tre bei bambini, vispi e curiosi, sorrido alla bambina con le trecce che si gira a guardarmi prima di chiudere la porta.

Poi entra un ragazzo marocchino, deve lasciarmi dei documenti, parcheggia momentaneamente il camioncino dei rifiuti davanti l'ufficio, questione di pochi secondi, giusto il tempo di fare le 2 fotocopie.

Mentre inserisco i fogli nella grossa multifunzione suona il cellulare, è ragazzo africano che era venuto in ufficio il giorno prima, cercava casa. Mi chiede qualcosa in un italiano solo abbozzato, forse capisco di più se parla direttamente in swahili o in fulani e sono tentato di dirglielo, ma trattengo sia risata che domanda.

Un'ombra alla vetrina, un vecchio rompicoglioni -inquilino del palazzo- sta guardando dentro, vede il ragazzo marocchino che attende le fotocopie ed entra minaccioso.
Dico all'africano al telefono che lo richiamo, sta per succedere qualcosa. Il vecchio si scaglia sul marocchino e gli dice che deve togliere di mezzo il suo camion di merda, lui deve passare con l'auto, cazzo, e poi esce in fretta e furia.
Poso il telefono, tranquillizzo il ragazzo che non ha quasi capito cosa sta succedendo, e seguo lo stronzo. Hei, scusi un attimo, gli dico. Mi pianta gli occhi rabbiosi in faccia, i denti giallastri serrati, aspetta che io attacchi. Lo accontento e mi avvicino, gli dico di piantarla, il ragazzo se ne va subito, non c'è bisogno di aggredire la gente a caso. Ribatte che la strada non è... ma non lo lascio finire, gli punto l'indice in mezzo agli occhi e gli dico stai zitto e levati dal cazzo immediatamente. Sembra capire, se ne va senza dire una parola, viola di rabbia.
Rientro e mi scuso col ragazzo, gli do le fotocopie, mi saluta e schizza via sul camioncino bianco pieno di rifiuti.

Dopo alcune ore, mi chiama una ragazza, si esprime in un italiano cortese ed elegante,  cerca un appartamento in affitto e ha visto un nostro annuncio di qualcosa che le suona interessante. Le chiedo le credenziali, mi dice che non ha la busta paga, ma che il suo lavoro di escort le permette di pagare senza problemi parecchi mesi in anticipo, anche 12. "E' un problema?" mi chiede... e mentre le dico "Non credo signorina" sorrido nel pensare che la persona meno problematica con la quale ho parlato oggi è una prostituta.

Finalmente è sera ed esco, affronto la rotonda che mi porta verso casa e sul ciglio della strada vedo Lucian, un ragazzo rumeno al quale ho affittato un appartamento pochi mesi fa. Cosa ci fa li? E' un bravo ragazzo, ma ha perso il lavoro, non riesce a pagare l'affitto, e se non salda al più presto le sue pendenze probabilmente tra meno di un mese gli arriverà lo sfratto.
Se ne sta li, sul ciglio della strada, forse aspetta qualcuno, si guarda attorno smarrito. Ho provato una pena enorme per lui... e mi è venuta in mente la scena che ho visto ieri sera, sulla strada di campagna che faccio per andare dai miei.

C'era una lepre, in piedi sul ciglio del canale, paralizzata. Alle sue spalle un enorme trattore avanzava lento. Stava arando la striscia di terra a ridosso del fossato, dove probabilmente il leprotto aveva la sua tana. E quell'animale se ne stava li, incapace di muoversi, terrorizzato da quel  frastuono assordante, schiacciato tra i fari della mia auto e quelli del trattore, e senza più un posto dove andare.


Io volevo solo che la giornata mi scivolasse addosso.



Dire Straits - When it comes to you

2 commenti:

  1. Ti capisco. ci sono dei giorni in cui mi farei volentieri ibernare...

    Arriveranno giorni migliori...su un altro pianeta...in un altro universo... ._________.

    Facciamoci forza.

    un abbraccio grande. :)

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    1. Beh, speriamo di non dover cambiare pianeta. Magari basta aspettare un po'... ;-) [e nel frattempo cercare un congelatore rapido nel quale rifugiarsi per i giorni no]

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