giovedì 26 aprile 2012

Distorsioni [Müller-Thurgau & sogni]

Ora di pranzo, esco da casa dei miei per tornare al lavoro, dopo essermi scolato quasi senza accorgermene mezza bottiglia di vino bianco. La testa mi gira, ma è una sensazione piacevole, di benessere diffuso che si irradia dallo stomaco fino alle estremità degli arti. Nessuna voglia di salire in auto, nessuna voglia di accedere il motore e rimettermi in strada per ficcarmi di nuovo in quell'ufficio. Fa caldo e mi tolgo la giacca mentre con una mano cerco le chiavi.
Di fronte a me vedo di nuovo casa mia. Come in un gioco di specchi, quello che credevo essermi lasciato alle spalle me lo ritrovo davanti. Mi giro, e la casa è ancora li, quindi quella che ho davanti deve essere qualcos'altro. Seguo il sentiero di porfido che taglia in due il giardino rigoglioso, attraverso il porticato della nuova casa ed entro.

Dovrei trovarmi in soggiorno, e invece quella che vedo davanti a me è una grande stanza a pianta rettangolare, col pavimento fatto di logore assi di legno, pressochè vuota e immersa nella penombra afosa del pomeriggio. Le imposte semichiuse lasciano entrare pochi raggi leggermente polverosi che si posano sul corpo di lei. Coricata su quello che sembra essere un divano senza schienale o forse un letto moderno, le lunghe gambe rivolte verso l'ingresso e verso di me. Dorme, e non indossa nulla fuorchè una sottile collana che pare d'argento. Brilla dei riflessi del sole. Mi avvicino facendo piano, più piano che posso. Osservo le labbra semichiuse, quasi un sorriso, il seno pieno, ben tornito, i capezzoli rosa, il suo respiro tranquillo, il sesso liscio e curato tra le gambe lievemente aperte. Il cuore inizia a battere più forte e l'eccitazione aumenta assieme al desiderio di baciare quella pelle di sentire il suo sapore sulle mie labbra. Mi rendo conto di essere nudo al suo fianco, e in quel momento - come se fosse in dormiveglia - la sua mano inizia ad accarezzarmi piano la gamba, salendo fino a stringermi dolcemente per avvicinarmi a lei. Amore o puro desiderio... i miei sensi e i miei sentimenti sono totalmente obnubilati, non so più distinguere i confini tra l'oceano in tempesta e la terraferma, e forse non voglio. Voglio solo vivere ogni singolo miliardesimo di secondo di questa cosa, correndo il rischio di schiantarmi sulla scogliera.

La stanza ora è vuota, sono di nuovo vestito e lei è scomparsa. La luce che penetra dalla porta d'ingresso è abbacinante, sento un rombo d'aerei in lontananza. Un rombo cupo, pesante, di cargo che volano bassi. Esco nel giardino e guardo nel cielo azzurro e senza nuvole, le carlinghe e i motori ad elica degli Hercules luccicano nel sole diretti a Nord. Sono tanti, quindici forse venti, e volano in formazione perfetta, lenti come enormi tartarughe d'aria. Più in alto, sfrecciano uno dopo l'altro tre velocissimi caccia, disegnando scie bianche alle loro spalle che poco a poco si dissolvono lasciando solo l'eco del feroce fischio dei reattori. Sta per succedere qualcosa di drammatico e al telegiornale non hanno detto niente. Non ne sapevano nulla? O l'hanno fatto per non scatenare crisi isteriche e panico nella popolazione?

Davanti ai miei occhi vedo la barchetta di carta che ho fatto qualche giorno fa, quella con scritto Titanic sulla fiancata. Come in un film in stop motion di Tim Burton, dal ponte si lanciano nel mare immaginario tanti piccoli omini stilizzati, disegnati con la biro blu sul fianco della barca. Che strano, volevo disegnarli davvero ma non l'ho fatto... gentile il mio cervello a prendere l'iniziativa. E li ha anche animati.

Mi siedo nel giardino di casa, con la barca di carta tra le mani mentre gli aerei sopra di me contunuano a solcare il blu. Davanti a me, nel prato, c'è qualcosa di lucido, cheratinoso e viscido che si muove...  sono insetti, una brulicante onda fatta di vermi, formiche, ragni e coleotteri avanza nella mia direzione. Siete venuti per me ragazzi? E' già ora di portarmi di sotto? Il primo verme inizia a salire sulla scarpa. Ok accomodatevi, ma fate avere questa barchetta ai miei. Non è un gran che, ma pur sempre un ricordo.
Forza, fate quello che dovete fare, tanto avevo finito.

[Strani, certi sogni pomeridiani]


Edna Million in a drop dead suit
Dutch pink on a downtown train
Two dollar pistol but the gun won't shoot

I'm in the corner in the pouring rain
16 men on a deadman's chest
And I've been drinking from a broken cup
2 pairs of pants and a mohair vest
I'm full of bourbon; I can't stand up.

Bloody fingers on a purple knife
A flamingo drinking from a cocktail glass
I'm on the lawn with someone else's wife
Come admire the view from up on top of the mast

Hey little bird, fly away home
Your house is on fire; your children are alone


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