venerdì 22 gennaio 2010

Stream of (sub)consciousness

L'aria sa di primavera, dalle finestre entra il profumo di prato tagliato di fresco. Sono sudato, stanco ma carico come se fossi appena rientrato da un lungo giro in bicicletta per le strade della mia campagna. C'è anche musica nell'aria, viene dal salotto. A casa mia c'è sempre musica, nessuno riesce a farne a meno. Quando c'è silenzio, significa che c'è qualcosa che non va, ma non adesso. Mi sembra "Tequila sunrise" degli Eagles.
Sta arrivando il tramonto, ho cenato sotto il portico davanti al giardino, ed è già sera. Fa ancora caldo e ci sono stelle... vado dietro casa per vederle meglio, cercare qualche stella cadente e godermi la via lattea. Alcuni uccelli notturni cantano. Chiudo gli occhi dentro il sogno e si apre un altro sogno.
Sono in una specie di confortevole limbo nero. Non buio, mi inquieterebbe: è semplicemente nero. Sono in piedi di fronte ad una cornice ovale, sospesa a poco più di un metro da terra. E' dorata e vagamente barocca, senza tela. Dall'altra parte della cornice, una bellissima ragazza mi sorride. E nuda, o lo è per lo meno fino all'altezza della vita, dove termina l'ovale inferiore della cornice. E il suo sorriso sembra diventare più divertito quando nota il mio imbarazzo. Mi imbarazzo anche quando sogno*. Non dice nulla, sta li e mi sorride. Provo a fingermi indifferente ma la verità è che ne sono letteralmente rapito... rapito dal contrasto tra sua pelle candida e i capelli corvini, rapito dal suo viso, rapito dalle curve dei suoi seni, rapito da lei, e il cuore è tutto un pulsare assordante e infuocato che non riesco a fermare. I miei occhi nei suoi, i suoi nei miei.
Mi sveglio di nuovo e sono nei giardini del vecchio ospedale della città. Antiche costruzioni ottocentesche, di pietra scura e mattoni rossi (vagamente british). L'ospedale nuovo, nel sogno, non è ancora stato costruito. Alberi secolari e rampicanti ovunque, non ci sono auto parcheggiate e sembra non esserci nessuno oltre a me. Sono solo, e mi sto recando a quello che dovrebbe essere il reparto di pneumologia per un controllo. Pare quasi di trovarsi in un racconto di Lovecraft. Le finestre dei palazzi attorno a me sembrano osservarmi e non mi piace. Sto camminando sotto un lungo portico colonnato, quando mi accorgo di respirare a fatica, sempre più. Il petto quasi mi brucia e provo ad inspirare, ma è come se i polmoni fossero diventati grossi come palloncini... l'aria che respiro non mi basta. Mi appoggio ad una colonna piena di crepe, mi siedo... vorrei chiamare aiuto ma non posso. Chiudo gli occhi, sono certo di morire per davvero questa volta. Ho sempre sottovalutato i problemi di asma che ho, e ora ne faccio le spese. Mi accascio.
Ma mi sveglio di nuovo, e adesso respiro. A pieni polmoni! Sto camminando assieme alla mia famiglia su una sorta di lungomare. Siamo tutti felici, ridiamo e scherziamo. Oltre la ringhiera metallica, invece del mare, una sconfinata distesa ghiacciata che riflette la luce del sole e l'azzurro del cielo terso. In fondo all'orizzonte, la baia di New York. Non vedo la statua della libertà ma riconosco la skyline. Chiedo a mio fratello il binocolo, e cerco l'Empire State Building. Lo trovo e inizio a ridere come un bambino. E' bellissimo, anche così piccolo, traballante attraverso le lenti del binocolo, esattamente come lo immaginavo eppure così diverso, maestoso ed elegante, nella nebbiolina azzurrognola e luminosa di questa mattina d'inverno.
E poi mi sono svegliato, davvero questa volta.

* sono un pirla.

[Sono solamente alcuni sogni...]

4 commenti:

  1. Freud ti adorerebbe
    e odierebbe me ;-)

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  2. @streghetta: hehe dici? Però sai cosa, mi sa che sono troppo semplici da analizzare sti sogni... forse gli darebbe più soddisfazione qualcosa di meno "palese". E perchè dovrebbe invece odiare te?

    @antartica: hehe non so se è creativo, ma sicuramente intrattiene :-) Per l'asma... farò del mio meglio! ;-)

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  3. perchè non ricordo mai i miei sogni
    salvo rari casi

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  4. Ah capito! Da adulto capita più di rado anche a me, ma mi accorgo di ricordare parecchio più materiale quando posso dormire quell'ora-ora emmezza in più.
    Il che in linea di massima significa "domenica" :-)

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